Il tema della “salute” appassiona eccome, più di quanto si pensi. Basta prestare orecchio alle chiacchiere da bar: il tema è secondo solo allo sport e forse alla politica, tra disquisizioni a volta strampalate e perfino spudorate, con tanti che non esitano a esternare pubblicamente le proprie magagne, incluse prostate, problemi cardiaci o altro, nonché le proprie conoscenze scientifiche. E’ un argomento “popolare” per eccellenza, con l’attenzione che reclama per gli addetti ai lavori.
Da qui l’eccellente idea di un vero e proprio “Festival della Scienza Medica”, giunto nei giorni scorsi a Bologna alla terza edizione. Un evento che non si è confinato in qualche sala conferenze, ma ha coinvolto i palazzi e i portici dell’intera città in un’opera di confronto pubblico, intorno al filone della “tradizione e innovazione”. Visite museali, aperture ospedaliere, mostre, concerti, incontri con gli studenti, in un approccio spintamente “multidisciplinare”, tra ricerca e tecnologia, il tema medico e insieme sociologico della “medicina di genere”, i nodi economici, incluso quello dei costi dei farmaci e quindi dell’importanza del ricorso ai farmaci generici, i “nuovi” orizzonti terapeutici quali la “pet therapy”, e perfino l’apporto della scienza medica alla criminologia.
Tra esposizioni, curiosità e dibattiti, non sono mancati i contributi “alti”, sul piano scientifico e istituzionale: tra gli altri, il Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco Mario Melazzini, che è intervenuto proprio sul tema dei costi farmacologici. Presenti in massa gli studiosi tedeschi (la Germania era il “Paese Ospite” di quest’anno), e ben quattro Premi Nobel per la Medicina, Jules Hoffmann, Louis Ignarro, Thomas Lindahl ed Edvard Moser. Per giunta, con un epilogo postumo, il 22 maggio interverrà anche – a proposito dell’“interdisciplinarità” del tema-salute – un celebre Nobel per l’Economia, l’indiano Amartya Sen, che parlerà dell’“importanza dei sistemi sanitari universalistici per l'economia” stessa. Ovvero: perché l’obiettivo di curare tutti (e bene) non è un “costo”, bensì anzitutto un’opportunità, anche sul piano materiale.
Dietro a tutto questo un sottotitolo, reclamato dall’attualità, quello sul dilagare delle “bufale”, con i rischi che comporta per la salute di ognuno e di tutti. Da una recente ricerca internazionale dell’Università slovena di Maribor (“The Spreading of Misinformation Online”), emerge che circa l’80% dei pazienti si informa sul web. E in tale ambito “si tende ad accordare più fiducia all'aneddotica personale che ai dati scientifici”, commenta l’Ordinario bolognese Luigi Bolondi, con la conseguenza che “la comunicazione deve diventare sempre di più una priorità”. Un appello alla responsabilità, rivolto ai comunicatori, ma prima ancora ai medici stessi. “Il paziente ha bisogno di essere ascoltato e confortato dal medico”. Il rischio-bufale aumenta quando questo supporto viene a mancare.