Il tema è affascinante quanto promettente, il presupposto è presto spiegato. Larga parte delle molecole utilizzate in medicina viene da organismi terrestri, e al contempo larga parte della superficie del pianeta è ricoperta da mari e oceani, dove vivono migliaia di microorganismi ancora non studiati. Questo universo sommerso è stato al centro del Festival della ricerca “Trieste Next 2017”, dove sono state perorate prospettive multidisciplinari di ricerca che includono anche l'ambito “sociologico”, e perfino quello della “comunicazione”.
Non si tratta di “scienza della fantasia”: il mare ha già consegnato da tempo, tra ricci, vongole e tunicati, la materia prima di vari medicinali. Viene citato, tra gli altri, la trabectedina, un antitumorale concepito quasi 50 anni fa da un organismo che vive nel mar dei Caraibi, o l'eribulina, isolata e “copiata” da una spugna marina, e impiegata contro il carcinoma mammario avanzato.
Le prospettive sono comunque ben più ampie. “I meccanismi cellulari che sono alla base della crescita e dello sviluppo di organismi come i ricci di mare si sono conservati durante l’evoluzione e funzionano allo stesso modo nell’uomo”, spiega la microbiologa Laura Steindler, dell'Università israeliana di Haifa, e le analogie hanno già condotto ad alcuni risultati: “Ad esempio analizzando i ricci di mare si è capito come si dividono le cellule e si è scoperta un’importante proteina, la “ciclina”, che inibisce la crescita tumorale”.
Tra i nostri potenziali alleati, ci sono i batteri marini. E tra gli elementi in gioco c’è anche la loro “organizzazione sociale”. “Oggi sappiamo che essi si comportano come un gruppo e non come singoli, una scoperta che ha rivoluzionato la microbiologia”, ricorda il batteriologo Vittorio Venturi, del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie di Trieste.
La scoperta apre nuovi scenari in tema di antibiotici. “I batteri che vivono in simbiosi con un calamaro producono luce solo quando sono in tanti, sicché agiscono e 'comunicano' solo quando sono in tanti”, spiega Venturi, sottolineando come l'orizzonte sia ora perciò quello di indebolire non i singoli batteri ma la loro comunità e comunicazione. “Scenario smisurato che vanta potenzialità immense”, il commento ottimistico dello scienziato.
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