Nel dilagante dibattito sulle notizie fasulle il tema della salute è per definizione cruciale, data la sua importanza, nonché l'ampia presenza di luoghi comuni in materia, cliccati e condivisi fino a suonare autentici. L'allerta è stata rilanciata in questi giorni con un apposito approfondimento dal Censis, che documenta quasi nove milioni di casi di disinformazione su cui si sono imbattuti solo quest'anno i pazienti italiani, più della metà di coloro che hanno cercato informazioni sanitarie sul web.
Da notare che il Centro Studi non propone affatto una stroncatura “tout-court” dell'informazione sulla rete, né della prassi dell'automedicazione. Al contrario, ricorda che “sono molteplici i vantaggi dell'autocura” tramite i farmaci senza obbligo di ricetta. Con essi “17,6 milioni di italiani sono guariti dai piccoli disturbi” (occasionali mal di testa, raffreddori, influenze ecc.), con ricadute positive per giunta per le casse del Servizio sanitario nazionale (in quanto esenti da rimborso). Inoltre, si nota che, a fronte di una fiducia crescente degli italiani nei medicinali da banco (73,4% degli italiani), non manca la cautela.
7 italiani su 10 infatti chiede comunque consiglio al medico o al farmacista prima di procedere al loro acquisto, e il loro consumo (40 euro pro capite l'anno) ammonta a solo la metà rispetto agli altri Paesi europei. Insomma, emerge una complessiva maturità nel nostro paese dinanzi all'aumentare – di per sé positivo – dell'informazione disponibile in rete sulla salute, utilizzata dal 28,4% della popolazione, ma incrementano anche i rischi di “bufale”, con le allarmanti cifre citate sui milioni di loro vittime.
Il “vaccino” migliore, come riconosciuto dall'ampia maggioranza degli italiani, rimane quello di un consulto, se non di una prescrizione, da parte dello specialista. Ed è su questo che peraltro si incrocia, proprio in questi giorni, un'altra statistica, elaborata da Eurispes, ancor più allarmante. È quella sulla “fuga di massa” dei medici stessi: oltre diecimila negli ultimi dieci anni. Si tratta di un amaro quanto netto primato nell'ambito europeo, tant'è che oltre la metà dei camici bianchi espatriati dal proprio Paese sono italiani.
I dati fanno da cornice al clamoroso sciopero dei giorni scorsi da parte dei medici che, a margine di rivendicazioni contrattuali, hanno denunciato un “sottoinvestimento cronico” nel settore. Il problema è di urgente attualità ma ancor più di “prospettiva”. Secondo La Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale, entro il 2023 andranno in pensione quasi 22mila medici, mentre quelli in ingresso, al momento, sono stimati a soli seimila.