“Tutti i più grandi pensieri sono concepiti mentre si cammina”, notava il filosofo Friedrich Nietzsche. “La vera casa dell’uomo non è una casa, è la strada; la vita stessa è un viaggio da fare a piedi”, sosteneva l’esploratore Bruce Chatwin. “Solvitur ambulando”, camminando si risolve, dicevano già gli antichi. Che la passeggiata sia un atto propizio per le nostre attività cerebrali è nella coscienza comune, sebbene messa ad alto rischio ai nostri giorni dalla sedentarietà, imposta da molte professioni e alimentata anche dall’illusione di poter realmente “viaggiare” stando immobili dinanzi allo schermo di un computer o smartphone.
Al contempo, si tratta di un nesso ancora, in parte, da esplorare e comprendere, sul piano fisiologico e neurologico. Un contributo di rilievo è stato annunciato in proposito nei giorni scorsi dall’Università Statale di Milano, tramite una pubblicazione su Frontiers in Neuroscience. I ricercatori hanno cercato di capire come il movimento fisico influenzi la neurogenesi, ossia la formazione di nuovi neuroni.
Hanno quindi tenuto sotto osservazione per 28 giorni due gruppi di topolini, uno dei quali veniva sottoposto a restrizioni al movimento. Nelle parole dei ricercatori, “abbiamo utilizzato un modello animale di topo in cui venivano impediti i movimenti antigravitari degli arti inferiori (ma non di quelli superiori), quali camminare, arrampicarsi, accovacciarsi e tutte le azioni in cui vi è attrito fra le gambe e il terreno”. Insomma, una condizione analoga a quella dei “pazienti costretti a letto o in sedia a rotelle oppure negli astronauti che fluttuano a bordo dei veicoli spaziali”.
Al termine, hanno analizzato, tramite risonanza magnetica, la “zona subventricolare”, ossia la sede cerebrale della neurogenesi nel cervello adulto. E qui le differenze tra i due gruppi sono risultate notevoli. Tra queste, una diminuzione del 70% delle cellule staminali neurali tra gli “immobilizzati”, uno sviluppo incompleto degli oligodendrociti, che costituiscono una protezione esterna ai tessuti nervosi, alterazioni perfino nella struttura genetica. Per gli scienziati, si tratta di “aspetti importanti per capire meglio i meccanismi alla base di complesse malattie neurologiche responsabili di disabilità”, quali la sclerosi multipla e l’atrofia muscolare spinale. Il messaggio è peraltro rivolto a tutti, e a ogni fascia di età. L’attività motoria, a iniziare dalla semplice camminata, è nutrimento essenziale non solo al nostro essere “in forma”, ma anche allo sviluppo del cervello, nonché un indispensabile argine alla neuro-degenerazione.