“L’aspettativa di vita per i malati di tumore al pancreas non è sostanzialmente cambiata negli ultimi 40 anni, restiamo al 5% nei cinque anni, e ci sono pochissimi trattamenti e perlopiù palliativi”, ammettono gli studiosi dell’Università Mary Queen di Londra e dell’australiana Curtin, perorando l’urgenza di “nuovi obiettivi farmacologici e nuove strategie terapeutiche”. Il commento – riportato dalla rivista Oncogene – non rappresenta una semplice lamentatio, bensì la premessa all’annuncio di nuovi riscontri scientifici da un fronte parzialmente inatteso: la cannabis.
In sintesi, è stata sperimentata sui roditori una molecola della cannabis, il cannabidiolo, col riscontro ultimo che triplicherebbe la sopravvivenza dei pazienti, se applicato in aggiunta al trattamento chemioterapico: la gemcitabina. Esiti promettenti, vista anche la premessa deludente sulla ricerca in proposito degli ultimi anni.
Il cannabidiolo è un metabolita non psicoattivo della Cannabis sativa dotato tra l’altro di effetti rilassanti, anticonvulsivanti, antidistonici, antiossidanti, antinfiammatori, e oggetto di studi nell’ambito della ricerca contro la depressione e le malattie neurologiche anche alla luce del fatto che è lo stesso cervello umano a produrre sostanze, chiamate endocannabinoidi, analoghe a quelle della marijuana.
Il loro effetto antidolorifico è solidamente acquisito dalla scienza, sebbene non manchino preoccupazioni e polemiche, specie oltreoceano, sui possibili effetti di dipendenza. Il composto attivo della marijuana, il THC, è comunque base di uno “strumento per contrastare i disturbi legati al cancro e gli effetti collaterali delle chemioterapie”, secondo tra gli altri la Food and Drug Arministration statunitense. Del resto, nota anche l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc), “l'uso medico della cannabis risale a oltre 3.000 anni fa, e nel XIX secolo è stata introdotta in Occidente come antidolorifico, antispastico e antiepilettico”.
Dalla ricerca anglo-australiana emerge peraltro qualcosa in più rispetto al sollievo dalla sofferenza. Il cannabinoido sembra anche avere potenziali di cura del tumore. Con ricadute che potrebbero essere di breve periodo, essendone già stato approvato l’uso clinico. “Potrebbe entrare in uso quasi immediatamente - incalzano gli autori dello studio - senza dover aspettare i tempi tecnici di approvazione di ogni nuovo farmaco da parte delle autorità regolatorie”.