“Diciannove anni fa Christopher Reeve, che aveva letto i miei studi sulla riprogrammazione delle cellule neurali, mi chiamò per chiedermi quali speranze ci fossero di utilizzare questo approccio per riparare le lesioni del midollo. Il celebre attore che interpretò Spiderman mi ha esortato a proseguire su questa strada e aveva ragione”. Angelo Vescovi, direttore scientifico di Revert Onlus e dell’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, ricorda con affetto quella telefonata. Reeve, paraplegico a causa di una caduta da cavallo, aveva già intuito che le idee di Vescovi, per quanto rivoluzionarie e visionarie all’epoca, avrebbero potuto un giorno dare a una speranza alle persone che oggi sono costrette a vivere su una sedia a rotelle. Vescovi, infatti, insieme a un altro ricercatore, Fabrizio Gelain, sono riusciti a creare una sorta di nanoprotesi nervosa in grado di “riparare” le lesioni spinali. I dettagli del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista PNAS.
I ricercatori del Center for Nanomedicine and Tissue Engineering dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, insieme all'ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, l’Università di Milano Bicocca e le Associazioni No profit per la ricerca e la cura delle malattie degenerative Revert Onlus, hanno realizzato in laboratorio un nuovo tessuto nervoso umano in grado di rigenerare le lesioni del midollo spinale. “La nostra nanoprotesi è composta da piccoli frammenti di proteine, chiamate peptidi auto-assemblanti, e cellule staminali neurali”, spiega Gelain. “E’ un tessuto ‘ibrido’ di natura biologica che, trapiantato in modelli animali, si è dimostrato in grado di creare un ‘ponte’ nella sede della lesione. Abbiamo ottenuto così - continua - un miglioramento dell’attecchimento del trapianto rispetto alle tecniche precedenti, una rigenerazione del tessuto midollare e un recupero delle funzioni motorie”. In pratica, la neuroprotesi, fatta maturare in laboratorio e successivamente trapiantata in lesioni al midollo spinale, incrementa la rigenerazione nervosa. Gli animali con lesione al midollo su cui è stata testata hanno risposto bene al trapianto, dimostrando anche un miglioramento significativo della capacità motoria.
I materiali sviluppati dai ricercatori sono biocompatibili, sintetici e composti al 99% da acqua. E le cellule cerebrali sono le stesse che Vescovi sta utilizzando sui pazienti con SLA e sclerosi multipla in una sperimentazione clinica. Questo significa che, se i piani dei ricercatori andranno in porto, la protesi nervosa potrebbe essere molto vicina all’essere testata sugli esseri umani. “Ci vorranno all’incirca 2-3 anni per avviare una sperimentazione clinica”, dice Gelain. Si tratta di una bellissima notizia per tutti coloro che hanno subito una lesione al midollo spinale, a causa ad esempio di un incidente. In Italia si stima che ci siano all’incirca 100.000 persone che hanno subito una lesione midollare con circa 1.200 nuovi casi all’anno. Questo significa che ogni giorno, solo nel nostro paese, almeno tre persone diventano para o tetraplegiche. Nel mondo, invece, vi sono circa 2,5 milioni di persone mielolese, con 130.000 nuovi pazienti ogni anno.
Ma le implicazioni dello studio non si fermano solo alla rigenerazione del midollo spinale. Considerata la trasversalità della tecnologia di questi biomateriali innovativi, i risultati dei ricercatori italiani sono importanti anche per la realizzazione di neuroprotesi per la rigenerazione di altre lesioni nervose (es. trauma cranico), di altri tessuti (es. pelle, cuore) e per il miglioramento di terapie cellulari già utilizzate in clinica (es. trapianto isole pancreatiche). Non solo. Lo studio dimostra, per la prima volta, che, con questi materiali interamente sintetici e progettati a livello molecolare in laboratorio, è possibile ottenere strutture cellulari nervose complesse. Le stesse sono dotate di attività elettrica e ottenute da cellule staminali neurali umane. Questo consente di avere un modello di network di cellule nervose in laboratorio su cui testare futuri farmaci, minimizzando così la sperimentazione animale.