E’ sufficiente una piccola scossa elettrica ben diretta verso la retina e il nervo ottico per suscitare miglioramenti visivi nei casi di ipovisione più o meno grave. E’ quanto ha dimostrato un gruppo di ricercatori e medici dell’Università Cattolica di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, in uno studio pubblicato sulla rivista Brain Stimulation. La ricerca ha coinvolto finora circa quaranta pazienti ipovedenti, cioè persone che hanno una capacità visiva molto ridotta rispetto al normale. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel mondo ci sono 217 milioni di ipovedenti e 36 milioni di ciechi, per un totale di 253 milioni di disabili visivi. Stando alle stesse stime, ben 1,2 miliardi di persone hanno bisogno d’occhiali.
Nel nuovo studio i ricercatori si sono avvalsi della “stimolazione elettrica transcranica”, una tecnica già in uso clinico per malattie quali la depressione maggiore. “Si tratta - spiega Giuseppe Granata, neurologo presso il Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS - di una stimolazione elettrica non invasiva con corrente alternata che si applica vicino agli occhi mediante degli elettrodi a coppetta che il paziente percepisce al massimo come un piccolo formicolio o una leggerissima scossa elettrica”. Lo scienziato ricorda, inoltre, che secondo studi recenti la stimolazione sarebbe in grado di eccitare la retina e in parte anche il nervo ottico. “Noi l’abbiamo testato su pazienti ipovedenti di varia gravità (da marcata riduzione del campo visivo alla cecità praticamente completa), colpiti sia da lesioni retiniche che del nervo ottico e cerebrali – aggiunge Granata – coinvolgendo a oggi circa quaranta pazienti”.
Ebbene, si è visto che un ciclo di stimolazioni effettuate per due settimane (cinque giorni su sette) per 20 minuti al giorno può generare in una quota consistente di pazienti ipovedenti, un miglioramento della funzione visiva residua. In particolare, nello studio è stato dimostrato che in un gruppo di questi pazienti ipovedenti dopo ciascun ciclo di stimolazione vi è miglioramento oggettivo dell’ampiezza dei potenziali evocati visivi, ovvero della risposta cerebrale a stimoli luminosi. “Molti dei pazienti trattati hanno riferito anche dei miglioramenti soggettivi più o meno significativi”, specifica Granata. “I miglioramenti ottenuti in genere perdurano nel tempo anche se non è noto quanto a lungo”, aggiunge. In media i benefici sarebbero durati almeno un paio di mesi. “Al momento - conclude Granata - dato che la prestazione non può essere effettuata attraverso il Servizio Sanitario Nazionale stiamo creando un percorso per effettuarla in attività privata presso il Policlinico Gemelli”.