Che nel nostro cervello ci fossero “neuroni Gps”, cioè cellule che ci consentono di identificare la nostra posizione nello spazio, lo sapevamo già da tempo. Tanto che nel 2014 il premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia è stato assegnato proprio ai loro scopritori. Ma solo ora, per la prima volta, sono state trovate anche le “cellule del tempo”, neuroni che ci aiutano a ricordare la sequenza e i tempi degli eventi. La loro scoperta è stata effettuata da un gruppo di ricercatori del Southwestern Medical Center dell’Università del Texas, in uno studio pubblicato sulla rivista BioRxiv. I risultati aprono la strada a nuovi potenziali trattamenti per la perdita di memoria causata da malattie come il morbo Alzheimer.
Studi precedenti hanno permesso di identificare queste cellule nei , ma non erano mai state ancora trovate negli esseri umani. Nel nuovo studio i ricercatori hanno avuto l’occasione cercare le “cellule del tempo” in 27 persone, che erano state sottoposte a una procedura per rimuovere parte del loro cervello come trattamento per l’epilessia. Una possibilità rara, considerata l'’strema difficoltà di studiare bene i neuroni in persone viventi. Nello studio, quindi, sono stati inseriti nel cervello dei soggetti piccoli elettrodi che hanno permesso ai ricercatori di misurare l’attività elettrica dei singoli neuroni dell’ippocampo mentre le persone completavano un test di memoria. Il test ha richiesto ai partecipanti di visualizzare una serie di 12-15 parole, ognuna delle quali è apparsa su uno schermo per 1,6 secondi, per poi richiamare alla memoria quante più parole possibili. Ebbene, i ricercatori hanno scoperto che durante il processo di memorizzazione più “cellule del tempo” si “accendevano” maggiore era la probabilità che i partecipanti ricordassero le parole corrette.
Inoltre, maggiore era l'attività delle cellule del tempo maggiori erano anche le probabilità che i partecipanti ricordassero le parole nell’ordine in cui sono state presentate. Al contrario, non è risultata alcuna associazione tra l'attività della cellula del tempo e le risposte che raggruppavano le parole per significato, invece di ricordare il loro ordine. Secondo i ricercatori, l’attività delle cellule del tempo è quella che consente al cervello di stabilire connessioni tra eventi particolari - come vedere una parola specifica in un elenco - e quando questi eventi hanno avuto luogo, il che è cruciale per la formazione dei ricordi. “Sappiamo che le cellule di posizione forniscono il ‘dove’, ma questa è la prova più chiara del ‘quando’ nell’ippocampo umano. È possibile che questi segnali ‘dove-quando’ siano l’impalcatura dei nostri ricordi episodici”, commenta al New Scientist Steven Poulter della Durham University.