Per una malattia incurabile come la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) arrivare a una diagnosi precocemente è fondamentale per garantire ai pazienti un accesso tempestivo ai trattamenti. Per questo la scoperta di un nuovo biomarcatore, rilevabile dalla saliva, rappresenta un traguardo importante nella lotta alla Sla. A farla è stato un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Fondazione Don Gnocchi e dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano in uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports.
La Sla è una delle patologie più invalidanti e ancora non comprese a fondo, che colpisce in Italia più di 6 mila persone, con un’incidenza di 2 mila nuovi casi ogni anno. Questa malattia neurodegenerativa porta alla progressiva e inesorabile paralisi della muscolatura. Ad oggi non esistono esami di laboratorio da eseguire sul sangue o su altri fluidi corporei capaci di garantire una diagnosi veloce e certa, o in grado di monitorarne la velocità di progressione. Tra le principali difficoltà nella presa in carico di questi pazienti, quindi, ci sono certamente i tempi della diagnosi, che a volte, ancora oggi, possono sfiorare l’anno. I ricercatori italiani hanno individuato nella saliva, grazie a una tecnica innovativa, un biomarcatore utile alla diagnosi precoce della malattia. Il progetto dei due istituti - che fanno parte della rete IRCCS delle Neuroscienze e Neuroriabilitazione - è stato ideato e coordinato dal Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica (LABION) dell’IRCCS Fondazione Don Gnocchi di Milano, guidato da Marzia Bedoni, in collaborazione con l’Unità di Riabilitazione Intensiva Polmonare dello stesso IRCCS, diretta da Paolo Banfi.
Per arrivare a questo risultato i ricercatori sono ricorsi alla spettroscopia Raman, una tecnica innovativa in ambito bioclinico basata sull’utilizzo della luce laser per studiare la composizione chimica di campioni complessi come la saliva. "Si tratta di una tecnica non distruttiva, che dà risposte in tempi brevi, non richiede particolari condizioni per l'esecuzione della misura e può essere effettuata con una minima preparazione del campione", spiega Bedoni. "Il ritardo nella diagnosi – aggiunge Banfi – causa spesso nel paziente un senso di impotenza, penalizzandolo poi nell’accesso ai trial clinici. L’individuazione di un nuovo metodo per accelerare la procedura diagnostica avrà importanti ricadute e costituisce un capitolo importante nello studio e nella battaglia contro questa patologia gravemente invalidante". Per Vincenzo Silani, ordinario dell’Università degli Studi di Milano e direttore dell’nità Operativa di Neurologia e Laboratorio di Neuroscienze dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano, "la possibilità di utilizzare un semplice e non traumatico prelievo di saliva per definire un biomarcatore diagnostico per la SLA rappresenta un’opportunità di rilevanza storica. La metodologia utilizzata ha richiesto un’attenta messa a punto iniziale, ma poi è stata dirimente nel definire uno spettro diversificato nella SLA rispetto ai controlli sani e rispetto ad altre patologie egualmente invalidanti come le malattie di Alzheimer e Parkinson". Conclude Cristiano Carlomagno, ricercatore Don Gnocchi e primo autore dello studio: "Siamo orgogliosi di questi risultati perché lo sviluppo e la validazione di questa innovativa metodologia permetterà di mettere a disposizione di medici e pazienti uno strumento in grado sia di accelerare la procedura diagnostica, che di anticipare e personalizzare il trattamento terapeutico e riabilitativo in base alle caratteristiche di ogni singolo paziente, con l’obiettivo a lungo termine di migliorarne la prognosi e la qualità della vita".