Non c’è paese al mondo, grande o piccolo, ricco o povero, in cui lo smog non sia un problema per la salute dei cittadini. Soprattutto per il loro cuore. L’esposizione a lungo termine alle polveri sottili contribuisce in maniera determinante a malattie cardiache e a decessi tanto che il 14 per cento di questi eventi potrebbero essere causati proprio dallo smog. Sono i dati emersi a valle di un ampio studio guidato da un gruppo di ricercatori della Oregon State University
che è stato appena pubblicato sulla rivista The Lancet Planetary Health.
Lo studio ha coinvolto 157.436 adulti tra 35 e 70 anni in 21 paesi, il cui stato di salute è stato monitorato dal 2003 al 2018. Nel corso del periodo di monitoraggio sono stati registrati 3219 decessi attribuibili a malattie cardiovascolari e 9.152 complessivamente hanno avuto un evento cardiovascolare. I ricercatori hanno monitorato i livelli di PM 2,5, particelle di fuliggine abbastanza piccole da entrare nei polmoni e passare nel flusso sanguigno. Il livello medio nel corso dello studio è stato di 47.5 microgrammi per metro cubo, ben al di sopra del limite di 12 considerato sicuro dall'Amministrazione per la protezione ambientale degli Stati Uniti.
È emerso che gli eventi cardiovascolari (ad esempio infarto e ictus) aumentano del 5% per ogni 10 microgrammi-per-metro cubo in più nella concentrazione di particolato fine (PM2.5), uno degli inquinanti atmosferici più diffusi, rilasciato ad esempio dai tubi di scarico delle auto. Questo significa che il 14% di tutti gli eventi cardiovascolari documentati in questo studio possono essere attribuiti all'esposizione al particolato PM2.5.La più forte associazione tra esposizione all'inquinamento atmosferico e risultati sanitari è stata per gli ictus.
"L'inquinamento atmosferico è un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari a livello globale", ha affermato l'autore principale, Perry Hystad, professore associato presso la Oregon State University. "È necessario migliorare, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, e anche una riduzione marginale dell'inquinamento atmosferico fa una grande differenza", perchè anche piccole riduzioni dei livelli di inquinamento atmosferico possono comportare una riduzione del rischio di malattia. Lo studio infatti mostra che i paesi non devono sradicare immediatamente tutto l'inquinamento atmosferico per fare la differenza per la salute delle persone. "Se riduci la concentrazione di inquinamento dell'aria esterna, vedrai i benefici per le malattie cardiovascolari", ha detto Hystad. “Prima di questo studio, non eravamo sicuri che fosse così. Alcuni studi hanno suggerito che ad alta concentrazione, come visto in molti paesi in via di sviluppo, i livelli dovrebbero essere ridotti di quantità molto elevate prima che si verifichino benefici per la salute".