Un nuovo target per contrastare il rigetto d'organo in seguito a un trapianto di rene. È esattamente quello che hanno individuato i medici e ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS in uno studio pubblicato sulla rivista Clinical Journal of the American Society of Nephrology. In particolare, gli studiosi hanno scoperto che, nel corso della forma più comune di rigetto del rene trapiantato, interviene una sorta di reazione allergica all'organo sostituito, associata a una aumentata produzione di interferone-alfa. Il risultato dello studio, che ha visti la collaborazione delle università di Bari, Foggia e Padova. potrebbe aprire la strada a nuove terapie anti-rigetto utilizzando farmaci già in uso clinico con altre indicazioni.
Lo scorso anno in Italia sono stati eseguiti 1799 trapianti di rene e al 31 dicembre 2019 la lista d'attesa per il trapianto di rene contava 6573 pazienti, numero rimasto costante negli ultimi 3 anni. La percentuale di “fallimento” del trapianto di rene a 10 anni è di circa il 40%. La metà di questi fallimenti è legata al rigetto dell'organo trapiantato o alla recidiva sull'organo trapiantato della malattia che ha condotto il paziente in dialisi. Il rigetto anticorpo-mediato, oggetto di quest'ultimo studio italiano, da solo rappresenta circa il 70% delle cause di perdita di funzione del rene trapiantato. Il meccanismo fondamentale alla base del rigetto anticorpo-mediato è rappresentato dalla produzione di anticorpi di tipo IgG rivolti contro l'organo trapiantato. Questi anticorpi, una volta legati alla parete dei vasi del trapianto, attivano una reazione immunitaria di rigetto innescando un processo infiammatorio che porta al danno irreversibile del rene trapiantato. Nonostante la patogenesi sembri molto chiara, tutti gli approcci terapeutici utilizzati per trattare il rigetto anticorpo-mediato non hanno avuto il successo sperato e al momento non esiste una terapia codificata per questa condizione.
“Il nostro studio – spiega Giuseppe Grandaliano, Professore Ordinario di Nefrologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma e Direttore della UOC di Nefrologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS - partendo da un'analogia tra rigetto anticorpo-mediato e il danno renale in pazienti con lupus eritematoso sistemico (una patologia autoimmune in cui il danno renale è anticorpo-mediato) ha dimostrato che, come nel lupus, anche nel rigetto cronico anticorpo-mediato oltre alle IgG sono presenti a livello renale anticorpi della classe IgE che sono in grado di innescare una sorta di reazione allergica all'organo trapiantato attraverso l’attivazione di mastociti e basofili, cellule immunitarie il cui ruolo non era ben chiaro nel corso del rigetto del trapianto renale. Inoltre abbiamo dimostrato che questo fenomeno, così come nel lupus, è strettamente associato ad un'aumentata produzione di interferone alfa”. Questi risultati hanno una potenziale ricaduta terapeutica. “Infatti questa nuova via di danno dell'organo trapiantato potrebbe essere il target di farmaci già disponibili in commercio che agiscono bloccando l'azione dell'interferone alfa”, conclude il nefrologo del Gemelli.