Alle origini della dislessia, un disturbo specifico della lettura che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo, potrebbe esserci un problema a elaborare il ritmo. E' l'ipotesi lanciata da un gruppo di ricercatori coordinati da Maria Teresa Guasti, docente di glottologia e linguistica e da Natale Stucchi, docente di psicologia generale, entrambi del Dipartimento di Psicologia dell'Università Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Istituto neurologico Besta e con Elena Pagliarini, già dottoranda Bicocca e ora ricercatrice presso l’Università di Padova. I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Report, aprono a nuove possibilità terapeutiche.
Già vari ricercatori si erano accorti che il ritmo ha un ruolo nella dislessia, ma ora sono stati analizzati i motivi. La risposta che emerge dallo studio italiano è che il ritmo ci permette di prevedere il futuro immediato (circa mezzo secondo) e quindi di prepararci ad agire al momento giusto, requisito fondamentale per leggere fluentemente. Allo studio hanno preso parte due gruppi di adulti con età media di 22 anni, di cui 15 con dislessia e 23 controlli (cioè a sviluppo tipico), e due gruppi di bambini (età media 9 anni) di cui 18 con dislessia e 29 controlli. Dai risultati i ricercatori hanno compreso che il ritmo che troviamo nel linguaggio o nella musica, ci permette di estrarre la struttura temporale di una successione di eventi come parole o suoni e di usarla per prepararci ad un evento futuro (ad esempio la parola che dovrò pronunciare immediatamente dopo quella che sto pronunciando adesso), e quindi per anticipare eventi futuri mentre non ho ancora finito di elaborare l’evento presente.
In altre parole, il ritmo permette una sfasatura tra quello che stiamo dicendo e quello che stiamo guardando: nella lettura, mentre stiamo pronunciando una la parola non guardiamo questa parola ma stiamo già guardando la parola successiva. Solo in questo modo possiamo leggere in modo fluente. I dislessici hanno difficoltà a leggere fluentemente perché non sono molto bravi ad anticipare la parola successiva a quella che stanno pronunciando. “Questa ipotesi – dice Guasti - permette di capire perché un allenamento ritmico o una pratica musicale possono essere d’aiuto per le persone con dislessia: infatti musica e danza allenano la capacità di anticipare il futuro e quindi migliorano la sfasatura tra voce e sguardo su cui si basa una lettura fluente”.