Per funzionare correttamente il nostro cervello ha bisogno di essere continuamente “ripulito”. A svolgere la funzione di “spazzino” è la proteina Wipi3, individuata da un gruppo di ricercatori della Tokyo Medical and Dental University. In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, gli studiosi hanno dimostrato che un accumulo di rifiuti, ferro e proteine, nelle cellule cerebrali può causare neurodegenerazione o addirittura la morte e per questo Wip3 diventa fondamentale.
“Le cellule eliminano costantemente componenti disfunzionali o non necessari, che vengono poi degradati e riciclati”, spiega Hirofumi Yamaguchi, tra gli autori dello studio. “L’autofagia è il processo in base al quale componenti cellulari e proteine indesiderati vengono contenute all'interno di una vescicola sferica a doppia membrana chiamata autofagosoma, che si fonde con un lisosoma pieno di enzimi per formare un autolisosoma. Il materiale di scarto - continua - viene quindi scomposto e riutilizzato dalla cellula”. Questa forma comune di autofagia, chiamata “autofagia canonica”, è ben caratterizzata e coinvolge una serie di proteine , come Atg5 e Atg7. Più recentemente, però, sono stati descritti anche diversi percorsi alternativi di autofagia indipendenti da Atg5, i cui ruoli biologici rimangono ancora poco chiari.
Dopo aver identificato proteine alternative correlate all’autofagia nel lievito, i ricercatori si sono concentrati su “Wipi3”, precedentemente legata all’autofagia canonica. “Quando abbiamo eliminato Wipi3 in una linea cellulare di topo e indotto autofagia alternativa, non abbiamo più osservato la formazione di autofagosomi a doppia membrana o autolisosomi a membrana singola, confermando che Wipi3 è essenziale per l’autofagia alternativa”, afferma Yamaguchi. I topi contenenti una delezione cerebrale specifica di Wipi3 hanno dimostrato difetti di crescita e motori osservati più comunemente nei pazienti con neurodegenerazione. I ricercatori hanno anche notato un accumulo di ferro e di proteine deputate a metabolizzarlo. “L'accumulo di ferro è stata segnalato come un possibile fattore scatenante in vari disturbi neurodegenerativi”, spiega l’autore senior dello studio Shigeomi Shimizu. “I nostri risultati sono una forte prova che l'autofagia alternativa, e Wipi3 in particolare, possono essere essenziali per prevenire questo accumulo tossico di ferro”, aggiunge. I ricercatori sperano che questa ricerca possa portare allo sviluppo di farmaci neuroprotettivi. Test preliminari indicano che la sovraespressione di Dram1, un’altra proteina alternativa associata all’autofagia, può invertire gli effetti della delezione di Wipi3 e potrebbe costituire la base di future terapie per varie malattie neurodegenerative.