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Vietato tuffarsi in mare o in piscina con le lenti a contatto. Lo hanno raccomandato gli esperti nel corso del 20esimo congresso dell’International Society of Cornea, Stem Cells and Ocular Science, sottolineando che l’acqua di piscine, mare, fiumi, laghi e perfino quella della doccia potrebbe essere contaminata da patogeni in grado di provocare infezioni anche gravi. Il più temibile è l’Acanthamoeba, parassita diffusissimo soprattutto nelle acque. In Italia si stima sia responsabile di oltre 400 cheratiti all’anno, in continuo aumento per la maggiore aggressività del patogeno e l’uso sempre più diffuso delle lenti a contatto.

“Sono 4 milioni gli italiani che portano le lenti a contatto e in oltre la metà dei casi si tratta di persone giovani o giovanissime con meno di 30 anni”, spiega Vincenzo Sarnicola, presidente della SICSSO e membro del consiglio direttivo della Società Italiana Scienze Oftalmologiche. “In estate il ricorso alle lenti a contatto per di più aumenta, per vivere con maggiore libertà la bella stagione, Le lenti a contatto sono uno strumento formidabile - continua - per correggere i difetti visivi, ma se non si rispettano alcune precauzioni essenziali si rischiano complicanze anche gravi. Purtroppo le lenti, specialmente quelle morbide e più porose, favoriscono l’adesione di microrganismi che poi non sempre vengono eliminati dai liquidi di conservazione, nei quali non ci sono agenti disinfettanti così potenti. La probabilità che sulle lenti restino germi pericolosi è ancora più alta, poi, se vengono conservate in una semplice soluzione salina. A questo si aggiunge la cattiva abitudine di fare il bagno in mare, in piscina o anche la doccia con le lenti a contatto: nell’acqua possono essere presenti patogeni che poi, a contatto con l’occhio, provocano cheratiti infettive”

La migliore terapia quindi è la prevenzione. “Purtroppo di rado viene detto ai portatori di lenti a contatto - dice Sarnicola - che i dispositivi devono essere tolti quando si fa il bagno, invece si tratta di una semplice regola che può realmente fare la differenza, scongiurando cheratiti con conseguenze che possono essere devastanti”. Si stima che dal 12 al 50% dei casi di cheratite da Acanthamoeba non risponde alle terapie mediche e comporta la necessità di un trapianto di cornea, che non è sempre risolutivo e fallisce in oltre metà dei casi soprattutto per la tardività dell’intervento. Una speranza, tuttavia, arriva dal trapianto di cornea lamellare anteriore, o DALK, in cui non viene impiantata la cornea a tutto spessore: i risultati di questa tecnica applicata alle cheratiti da Acanthamoeba, presentati al congresso e ottenuti nel nostro paese, sono soddisfacenti e garantiscono un successo nel 90% dei pazienti, se l’intervento viene eseguito precocemente nei casi con un’infezione di grado più severo. L’arma migliore resta tuttavia la prevenzione, seguendo le regole di igiene nell’uso delle lenti a contatto e ricordando di toglierle ogni volta che si fa un bagno.

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