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La sindrome da stanchezza cronica potrebbe dipendere da piccoli coaguli di sangue. Questa è la nuova ipotesi sulla causa di una condizione che provoca sintomi come esaurimento persistente, dolore e nebbia cerebrale. A sostenerla è stata un gruppo di ricercatori della Stellensbosch University in Sud Africa e dell’Università di Liverpool nel Regno Unito. La nuova tesi è stata descritta in un articolo pubblicato sulla rivista Pharmaceuticals. Si stima che la sindrome da stanchezza cronica, nota anche come encefalomielite mialgica, colpisca fino a 2,5 milioni di persone solo negli Stati Uniti, ma si sa poco su come ha origine e su come trattarla. I microcoaguli sono grumi di piastrine nel sangue di diametro inferiore a 200 micrometri che sono difficili da rompere.

I ricercatori sanno da decenni che i microcoaguli si trovano in persone con condizioni associate a infiammazioni come diabete, morbo di Alzheimer e artrite reumatoide. Più recentemente, le prove suggeriscono che potrebbero svolgere un ruolo anche nel Long Covid, dato che i campioni di sangue di persone con Long Covid contengono concentrazioni estremamente elevate di questi piccoli grumi di piastrine. Poiché la sindrome da stanchezza cronica condivide numerosi sintomi con il Long Covid, tra cui mal di testa, letargia e problemi di memoria, i ricercatori hanno voluto verificare la presenza di microcoaguli anche nelle persone con questa condizione. Per riuscirci hanno analizzato campioni di sangue di 25 adulti in Sud Africa a cui era stata diagnosticata la sindrome da stanchezza cronica e che avevano manifestato sintomi per almeno sei mesi. Li hanno confrontati con campioni di 15 adulti della stessa area che non avevano la sindrome da stanchezza cronica o qualsiasi altra condizione nota per aumentare il rischio di coagulazione. In primo luogo, il team ha analizzato i campioni di persone con sindrome da stanchezza cronica per sette parametri di coagulazione del sangue anormale, come la dimensione del coagulo e il tasso di coagulazione. Il sangue di 20 delle 25 persone non rientrava nell’intervallo normale su almeno uno di questi parametri e 4 persone hanno avuto risultati anormali su cinque delle misurazioni. Gli esperti hanno anche utilizzato la colorazione fluorescente per rivelare le dimensioni e il numero di microcoaguli al microscopio. I campioni sono stati classificati su una scala da 1 a 4 con punteggi più alti che indicano una maggiore coagulazione. Tutti i campioni di sangue di controllo hanno ottenuto un punteggio di 1, ma l’80% dei campioni di persone con sindrome da stanchezza cronica ha ottenuto un punteggio di 2 o superiore e quasi la metà ha ottenuto un punteggio di 3 o 4.

La concentrazione di microcoaguli che hanno trovato non era così grave come si vedrebbe nelle persone con Covid acuto o Long Covid, secondo gli scienziati, ma era simile ad altre condizioni. “I microcoaguli che vediamo nella sindrome da stanchezza cronica sono paragonabili a quelli che abbiamo trovato nel diabete o nelle malattie cardiovascolari”, affermano i ricercatori. La scoperta è importante per tre ragioni. In primo luogo, fornisce una possibile spiegazione per l’esaurimento persistente caratteristico della sindrome da stanchezza cronica. In secondo luogo, convalida per le persone con sindrome da stanchezza cronica che ciò che stanno provando è reale. “Una popolazione molto ampia di clinici e psicologi afferma che non c’è niente di sbagliato fisicamente negli individui, è tutto nelle loro teste”, afferma Resia Pretorius della Stellensbosch University in Sud Africa. Infine, può offrire una potenziale strada per il trattamento. La sindrome da stanchezza cronica può essere una malattia della coagulazione vascolare, afferma l’esperto. Se la ricerca futura lo conferma, i medici potrebbero essere in grado di utilizzare farmaci anticoagulanti o altri interventi per curare le persone con questa condizione. Nonostante questa scoperta incoraggiante, i ricercatori avvertono che questo era un piccolo studio iniziale e che molte persone con sindrome da stanchezza cronica hanno anche condizioni come psoriasi o malattie cardiache, che possono contribuire alla coagulazione. Il passo successivo consiste nell’effettuare ulteriori ricerche con gruppi di persone più ampi.

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