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Tecnicamente si chiama fotobiomodulazione transcranica o più semplicemente tPBM. Si tratta di una terapia a laser che sembra in grado di migliorare la capacità di memoria a breve termine, che può risultare compromessa in una serie di patologie come il disturbo da deficit di attenzione e iperattività. A dimostrare la validità di questo nuovo approccio è uno studio condotto dagli scienziati dell’Università di Birmingham e della Beijing Normal University in Cina, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances.

La fotobiomodulazione transcranica, spiegano gli autori, prevede l’applicazione di stimoli laser nella corteccia prefrontale destra, considerata importante nella memoria a breve termine. Il team, guidato dallo scienziato Dongwei Li, ha testato l’efficacia e la tollerabilità del trattamento in un campione di 90 partecipanti di età compresa tra 18 e 25 anni. I soggetti sono stati esposti alla luce laser sulla corteccia prefrontale destra a lunghezze d’onda di 1064 nm o a lunghezze d’onda inferiori e sulla corteccia prefrontale sinistra. Nel corso delle varie sessioni, che duravano poco più di 12 minuti, i ricercatori hanno monitorato i cambiamenti nell’attività cerebrale dei partecipanti utilizzando l’elettroencefalogramma sia durante il trattamento che in fase di test. Per gli esperimenti, gli scienziati hanno chiesto ai volontari di ricordare il colore o l’orientamento di una serie di elementi visualizzati su uno schermo. Stando a quanto emerge dall’indagine, la luce laser sulla corteccia prefrontale destra mostrava chiari benefici rispetto alle altre alternative.

In particolare, l’approccio non invasivo si è dimostrato in grado di migliorare la memoria a breve termine fino al 25 per cento. I partecipanti che avevano ricevuto variazioni al trattamento tPBM, tendevano infatti a ricordare in media tra 3 e 4 oggetti, mentre chi era stato esposto alla tPBM era in grado di memorizzare correttamente tra 4 e 5 elementi. “Le persone con condizioni come il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) o altre problematiche legate alla memoria – commenta Li – potrebbero trovare parecchi benefici in questo tipo di terapie. La tPBM è sicura, non invasiva, e non è stata associata a effetti collaterali”. I ricercatori continueranno a studiare il nuovo approccio. “Sarà necessario proseguire le ricerche – aggiunge Ole Jensen, collega e coautore di Li – per comprendere i meccanismi alla base di questo effetto riscontrato. Ipotizziamo che la luce possa stimolare gli astrociti nelle cellule nervose all’interno della corteccia prefrontale. Nei prossimi step, cercheremo di valutare se sia possibile raggiungere benefici duraturi”.

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