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La cardiologia interventistica si conferma cardine del trattamento dell’infarto miocardico acuto in Italia, con una rete che garantisce più di 36mila procedure di angioplastica primaria. Aumenta la diagnostica con i metodi di imaging più innovativi ma siamo ancora lontani dalla media dei Paesi Europei più avanzati. Crescono fino al 20% le procedure di cardiologia interventistica strutturale (interventi sulle valvole cardiache), ma restano ancora al di sotto del fabbisogno della popolazione e con differenze regionali ancora molto marcate. Questo il bilancio del report 2023 della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE).

Pur con oltre 300 mila coronarografie eseguite nel 2023, che in circa il 50% dei casi hanno portato all’esecuzione di un’angioplastica coronarica, restano criticità nell’interventistica strutturale sulle valvole cardiache: le TAVI sono aumentate del 13%, ma solo un paziente candidabile su due viene sottoposto alla procedura e oltre 10 mila che ne avrebbero l’indicazione non la ricevono, con differenze regionali consistenti nella possibilità di accesso. Sono stati circa 1800 gli interventi di riparazione percutanea della valvola mitralica, in crescita del 20%, ma con un fabbisogno stimato di circa altri 6 mila. Anche il ricorso alla procedura di chiusura percutanea dell'auricola sinistra, importante per la prevenzione dell’ictus, è aumentato del 20% ma con circa 2.300 interventi nel 2023 siamo lontani dal fabbisogno reale, considerando che sono più di 100 mila i pazienti potenzialmente candidabili.

“L’88% dei centri offre il servizio 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 ma restano alcune criticità - osserva Francesco Saia, presidente Gise - . Sebbene le tecnologie di imaging e di studio funzionale siano in crescita, solo il 20% delle procedure di angioplastica complessivamente è guidato da questi metodi, molto sottoutilizzati rispetto alla media di Paesi europei come Germania, Francia, Spagna, Olanda e BENELUX. I motivi sono soprattutto i vincoli economici per l’acquisizione degli strumenti e l’assenza di codifica o tracciamento di queste tecniche, che, come GISE, vorremmo diffondere maggiormente in tutto il Paese”.

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