Nuovi studi sembrerebbero dimostrare che gli atleti di tutte le età affetti da determinate anomalie o patologie cardiache possono praticare in sicurezza sport competitivi, contrariamente a quanto affermano le precedenti raccomandazioni. A stabilirlo è una dichiarazione congiunta dell’American Heart Association e dell’American College of Cardiology, pubblicata sulla rivista Circulation, che fornisce a clinici, specialisti e operatori sanitari nuove indicazioni per valutare il rischio di una persona con alcuni tipi di patologia cardiovascolare nell’affrontare sport competitivi.
Le nuove indicazioni si basano su conoscenze acquisite nel corso degli anni da studi sul cuore dell’atleta, cioè sui complessi adattamenti cardiaci strutturali, funzionali ed elettrici che si verificano in risposta all’allenamento fisico abituale, e di studi condotti nell’ultimo decennio su molte patologie cardiache specifiche, dalle cardiopatie congenite alle aritmie e altre ancora, che indicano che i rischi non sono così elevati durante competizioni sportive.
L’attuale documento considera patologie non esaminate in precedenza, anche in relazione a specifiche attività. Ad esempio contiene valutazioni riguardanti il rischio negli atleti Master, persone di età pari o superiore a 35 anni con coronaropatia, fibrillazione atriale, aorte dilatata e valvulopatia, aggiornamenti per atleti che praticano sport estremi, tra cui le immersioni subacquee o sport di alta quota e raccomandazioni sui rischi di sport competitivi praticati durante la gravidanza, La dichiarazione rafforza la necessità dello screening cardiaco pre-partecipazione per gli atleti in età scolare, tramite un esame fisico con misurazione della pressione sanguigna e l’analisi della storia clinica personale e familiare, un elettrocardiogramma (ECG), mentre per gli atleti che assumono farmaci anticoagulanti, la nuova dichiarazione offre maggiori indicazioni per valutare il rischio in base a specifici sport e attività maggiormente correlate a traumi ed emorragie, come il football americano, il ciclismo agonistico, lo sci all’aperto o il baseball.