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La mastectomia bilaterale o l’asportazione di tube e ovaie sono salvavita nelle giovani donne con “mutazioni Jolie“, non solo per le portatrici sane, ma anche per chi ha già ricevuto una diagnosi di tumore al seno. A rivelarlo il più ampio studio al mondo mai realizzato su giovani under 40 con storia clinica di un tumore mammario e mutazioni dei geni BRCA 1 e BRCA 2, responsabili di un elevato rischio di sviluppare cancro al seno e alle ovaie. La ricerca pubblicata su The Lancet Oncology, è stata coordinata dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova.

Lo studio ha chiarito, in via definitiva, come l’asportazione preventiva dei seni o delle ovaie e delle tube rappresentino la via maestra per ridurre recidive e mortalità. “Nelle donne con mutazione BRCA 1 e/o BRCA 2, il rischio di sviluppare cancro al seno – spiega Matteo Lambertini, oncologo medico e professore associato di oncologia medica presso l’Università degli Studi di Genova, che ha guidato lo studio – è di circa il 70% nell’arco della vita e quello di cancro ovarico del 20-45%, quindi notevolmente più alti rispetto al rischio di sviluppare tali neoplasie in chi non ha questa alterazione genetica ereditaria”.

La ricerca ha analizzato i dati raccolti tra il 2000 e il 2020 di 5.290 pazienti under 40 con tumore del seno legato a mutazioni del gene BRCA, trattate in 109 istituti di tutto il mondo. “Delle partecipanti incluse nello studio, 2.910 si sono sottoposte a mastectomia bilaterale, 2.782 a ovariectomia, 1.804 hanno optato per entrambe le procedure, mentre 1402 non si sono sottoposte a nessuno dei due interventi”, spiega Eva Blondeaux, oncologa presso l’U.O. Epidemiologica Clinica, altra autrice dello studio. “il gruppo che si è sottoposto solo a mastectomia bilaterale ha riportato, mediamente, una riduzione del rischio di mortalità del 35%, e di recidiva o di altra neoplasia primaria del 42%. Nelle pazienti che hanno rimosso tube e ovaie l’intervento è stato associato a un rischio di mortalità inferiore del 42% e a un rischio di recidiva, sempre in media, del 32% in meno”.

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