Il 10-12% dei bambini tra 24 e 36 mesi risulta in fascia di rischio per difficoltà nello sviluppo del linguaggio. È quanto emerge dai primi dati del progetto pilota “Crescere, Comunicare, Parlare”, realizzato nei nidi del Municipio 8 di Roma, che ha coinvolto circa 300 famiglie un questionario sul primo sviluppo linguistico. L’iniziativa ha interessato 14 asili nido e ha incluso una formazione online per oltre 50 educatrici, oltre alla restituzione personalizzata via mail ai genitori. I risultati evidenziano la necessità di agire precocemente: le esperienze italiane, in linea con quelle di altri paesi europei e degli USA, confermano che la prevalenza di difficoltà linguistiche in età prescolare supera il 10%, per stabilizzarsi poi intorno al 7,4% in età scolare, pari a 1 bambino su 14, ovvero 2 bambini per ogni classe.
Eppure il disturbo resta poco diagnosticato. Invisibile per definizione, come ricorda lo slogan della campagna Federazione Logopedisti Italiani FLI 2025 — “Il DPL: c’è ma non si vede” — riguarda bambini che appaiono nella norma ma che faticano a comprendere discorsi complessi, esprimersi con efficacia o seguire istruzioni linguistiche.
“Molti bambini con DPL riescono a mascherare le difficoltà nei primi anni di scuola, ma questo non significa che non ci siano”, afferma Tiziana Rossetto, presidente FLI. “L’assenza di una diagnosi precoce compromette il rendimento scolastico, l’autostima e la qualità della vita adulta.”
“Quando un bambino fatica a parlare o comprendere istruzioni — aggiunge Anna Giulia De Cagno, vicepresidente FLI e responsabile del progetto — spesso si pensa a timidezza o disattenzione, ma può trattarsi di un vero disturbo del neurosviluppo, che richiede riconoscimento e interventi specifici.”
La diffusione di buone pratiche nei servizi educativi è oggi uno strumento essenziale di prevenzione e di intercettazione precoce dei bambini a rischio.




