Al di fuori del nostro Paese i medicinali generici sono riconosciuti, apprezzati e richiesti da medici e cittadini.
Per mettere a disposizione di tutti le specialità farmacologiche innovative di alto costo bisogna operare affinchè anche da noi i farmaci equivalenti prendano il posto dei preparati corrispondenti a più alto prezzo. La sfida è coniugare la riduzione e l'ottimizzazione dei costi con un alto livello qualitativo del servizio sanitario offerto.
Il grado di diffusione dei farmaci generici può essere considerato il risultato di una pluralità di fattori concorrenti, che vanno dalle modalità burocratico-amministrative di regolazione della domanda e dell'offerta, alle strategie dei diversi soggetti coinvolti nella filiera del farmaco, dall'industria, ai medici prescrittori, ai pazienti, ai grossisti e ai farmacisti. Comunque si analizzino i motivi a monte di una più o meno marcata penetrazione del generico nelle diverse realtà nazionali, c'è una considerazione valida in ogni situazione: la salute oggi è un'industria che impatta con percentuali variabili sul Prodotto Interno Lordo (PIL) nazionale. In Italia si assesta sul 9% circa del PIL. La sanità diventa così un elemento essenziale dell'efficienza dell'economia di uno Stato. Coniugare la riduzione e l'ottimizzazione dei costi a un elevato livello qualitativo del servizio offerto è la sfida per gli amministratori. Tutto ciò è stato ben recepito in gran parte dei Paesi europei, dove il farmaco "generico" è ampiamente riconosciuto, apprezzato richiesto tanto dai medici prescrittori quanto dai cittadini-pazienti. I numeri che testimoniano la diffusione degli equivalenti parlano chiaro. In Italia solo il 6,3% del valore complessivo del mercato farmaceutico nazionale è ascrivibile ai prodotti "generici", mentre il volume di questi farmaci rappresenta il 12% circa. Al di là dei patri confini la musica cambia. In Gran Bretagna il 21,1% del mercato farmaceutico in valore e il 46% in volume è coperto dai farmaci equivalenti. In Germania oltre il 22% del valore e il 58% del volume del mercato farmaceutico è appannaggio dei "generici"; in Francia oltre il 15% del valore e il 35% del volume è dato dai farmaci non "griffati". La Spagna non è da meno, come testimoniano il 13% in valore e il 30% in volume del mercato del farmaco. Nei Paesi dell'est, ultimi entrati nell'Unione Europea, i numeri sono ancora più impressionanti, dell'ordine del 30% in valore e del 70% in volume del mercato del farmaco, ma questo a causa di una minore disponibilità di farmaci di marca. Nel complesso la media europea vede una penetrazione del farmaco equivalente che è pari al 18,7% in valore e al 41,3% in volumi del mercato farmaceutico. Si può e si deve fare di meglio. Alla luce degli studi di farmacoeconomia è stato stimato che se nel nostro Paese si incrementasse la percentuale in volume al livello della media europea, si otterrebbe un risparmio sul costo della spesa farmaceutica di ben 1,14 miliardi di euro all'anno. In condizioni di risorse limitate, se si vogliono mettere a disposizione dei cittadini farmaci realmente innovativi, spesso di alto costo, bisogna operare affinchè i farmaci ormai "maturi", che hanno perso la copertura brevettuale e che hanno ottenuto l'Autorizzazione all'Immissione in Commercio (AIC) come farmaci equivalenti, prendano il posto delle specialità corrispondenti a più alto prezzo. Risparmiare si può, con la stessa garanzia per la nostra salute.
Che cos'è un farmaco equivalente? Secondo la definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, si intende per equivalente un medicinale simile e intercambiabile con un farmaco originale, definito innovatore o originatore. Il farmaco equivalente viene messo in vendita senza un marchio commerciale definito, ma sotto la cosiddetta Denominazione Comune Internazionale (DCI), che semplifica il nome chimico della molecola ed è riconosciuta in tutto il mondo. Di fatto, nelle realtà di mercato internazionali esistono tre categorie di farmaci generici: equivalenti branded, ovvero copie di specialità farmaceutiche recanti un proprio marchio distintivo; equivalenti semibranded commercializzati sotto la DCI seguita dal nome del produttore; equivalenti "puri", o unbranded, commercializzati con il solo nome scientifico.
Fonte: Corriere della Sera