Le cifre sono impressionanti, e per giunta in crescita. A livello globale le ha rivelate nei giorni scorsi un’indagine dell’Università di Washington pubblicata sulla rivista The Lancet Respiratory Medicine. I malati di sindrome polmonare cronico-ostruttiva (BPCO) sono un’enormità, quasi 175 milioni (e si tratta solo di casi accertati, ci sono stime che raddoppiano tale cifra), e ne muoiono 3,2 l’anno (proiezione su dati 2015), con un aumento costante negli ultimi trent’anni. Nel dettaglio, i decessi erano stati 400mila in meno nel 1900, e lo scarto è ancor più esteso sulle persone ammalate, incrementate del 44,2% in tale lasso.
La differenza tra i due scarti rivela comunque qualche timido segnale positivo. Se ci si ammala di più e si muore di meno vuol dire che qualche passo rilevante è stato fatto a livello di terapie. Quella differenza è ancora più palese per l’asma, aumentato del 12,6%, mentre i decessi si sono ridotti del 26,2%, scendendo sotto la soglia dei 400mila morti annui.
In secondo luogo, anche a detta degli studiosi americani, tali aumenti non sono dovuti a un peggioramento della salute mondiale della popolazione, semmai al suo invecchiamento. Altro dato di relativo sollievo, il problema è esteso anche in Italia, ma un po’ meno rispetto agli altri Paesi avanzati. Sulla BPCO si rilevano 1.765 casi su 100mila abitanti, mentre negli Stati Uniti sono a quasi il doppio. Per quel che riguarda l’asma, i casi sono 3.756 su 100mila, nel Regno Unito quasi il quadruplo.
A incidere su questo andamento sono gli aspetti climatici (legati alla qualità dell’aria, per ragioni climatiche e per diversi livelli di inquinamento), ma anche una presa di coscienza e relativa riduzione (pur solo graduale, con qualche periodico segnale di controtendenza) di alcune cattive abitudini personali, a iniziare dalla più deleteria per il respiro, la sigaretta.
Fondamentali, in tutto questo, anche i progressi scientifici. A Parma, lo scorso maggio, gli esperti mondiali sono convenuti nel “Respiration Day”. Tra le tante novità della ricerca in materia figura anche quella proposta dall’ospitante Fondazione Chiesi: un unico inalatore per a tripla azione, contenente un antinfiammatorio corticosteroide per via inalatoria, un broncodilatatore agonista a lunga durata e un broncodilatatore antagonista del recettore muscarinico. Un dispositivo che semplifica il trattamento con l’obiettivo di aumentare i livelli dell’aderenza terapeutica