Sebbene prevenibili nell’80% dei casi le malattie cardiovascolari rimangono la principale causa di morte in tutto il mondo con circa 20 milioni di decessi, attribuibili soprattutto a ipertensione, colesterolo alto, dieta scorretta e inquinamento atmosferico. È quanto emerge dal nuovo numero speciale del Journal of the American College of Cardiology, discusso in occasione del congresso nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC). Il report ha analizzato l’impatto di 18 condizioni cardiovascolari e 15 fattori di rischio in 21 regioni del mondo, 204 nazioni e territori, per fornire un vero e proprio atlante di queste patologie.
Dal rapporto emerge che il numero globale di decessi dovuti a malattie cardiovascolari è aumentato, da 12,4 milioni nel 1990 a 19,8 milioni nel 2022. Tra le patologie prese in esame, la cardiopatia ischemica rimane la principale causa di mortalità a livello globale, con circa 109 decessi ogni 100.000 abitanti, seguita da emorragia intracerebrale e ictus ischemico. I 15 fattori di rischio valutati prendono in considerazione cause ambientali, metaboliche e comportamentali. Tra questi, la pressione arteriosa alta rappresenta il principale fattore di rischio in termini di anni di vita persi a causa di disabilità. La dieta e le scelte alimentari scorrette sono invece il principale fattore di rischio di peggioramento della salute tra quelli comportamentali. L’inquinamento da particolato ambientale si è invece classificato in testa ai rischi ambientali.
“Si prevede che i decessi aumenteranno entro il 2030 raggiungendo i 24 milioni, con una media di oltre 66mila persone al giorno – spiega Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC –. È necessario dunque incentivare in maniera capillare le attività di prevenzione”. “In Italia le patologie a carico del sistema cardiovascolare determinano il 35% di tutti i decessi e rappresentano la prima causa di ricovero ospedaliero, confermandosi insieme ai tumori, tra le principali cause di invalidità - conferma Gianfranco Sinagra (Università di Trieste) –. È dunque fondamentale stabilire strategie di sanità pubblica volte a prevenirle”.