È un fenomeno dei nostri tempi, che sta cambiando il nostro rapporto con il mondo, incluse le persone più vicine, a velocità impressionante. L’immagine di persone che deambulano a testa bassa, chine sul proprio smartphone, sono un segnale inquietante che, vissuto individualmente, sembra oramai una normale prassi, almeno a tratti necessaria, ma guardata con una sorta di “grandangolo” svela aspetti di pericolosa patologia collettiva. L’allarme è anche sanitario, come sottolinea in questi giorni uno studio australiano. È cioè in atto una vera e propria dipendenza patologica da internet, e in particolare dai social network. “I sintomi tipici sono simili a quelli della dipendenza da droghe e alcool: sbalzi di umore, uso crescente nel tempo di internet, possibili crisi di astinenza, conflitti, e ricadute dopo che l'uso di internet viene ristretto”, spiega Mubarak Rahamathulla, della Flinders University di Adelaide, che ha elaborato in proposito una “teoria generale della tensione”, sulla base di un dato riscontrato di fondo, ossia “la relazione diretta tra dipendenza da internet e comportamenti problematici nei siti social”. Il problema però non è solo quello del comportamento sul web, ma nella stessa vita reale, e questo mette a rischio soprattutto i più giovani, non solo per la minore età, ma anche per il fatto che non hanno mai conosciuto un mondo “senza” social, telefonini e internet. Rischia di sfociare in tendenze violente, il ritiro sociale, l’incapacità di concentrarsi e l’abuso dei giochi. Ed è soprattutto sui giovani stessi che lo psichiatra americano Ivan Goldberg ha coniato la formula dell’Internet Addiction Disorder, ossia appunto la “sindrome da dipendenza dal web”. I sintomi vanno dalla frenetica esigenza a rispondere ai messaggi, alla “sindrome del cellulare fantasma” (il diffuso sentore di sentire le vibrazioni del cellulare anche quando non ci sono), dalla paura di rimanere poco aggiornati da quel che dicono gli “amici”, alla preferenza del cellulare alla conversazione fisica con gli amici e parenti mentre si sta a cena, dall’ansia da “astinenza” nei momenti in cui si è lontani dal cellulare, allo scarso rendimento a scuola o al lavoro per l’ossessiva consultazione della rete. La preoccupazione è anzitutto per le nuove generazioni, dunque, ma l’implicazione socio-sanitaria è per tutti. “Si genera una barriera alle emozioni, contro il dialogo e l’empatia della condivisione”, spiega Federico Tonioni, responsabile dell’Area delle dipendenze del Policlinico Gemelli di Roma, riferendo che “dal 2009 abbiamo seguito più di 1.100 nuclei familiari tra ragazzi e genitori”, e notando che “spesso è il percorso dei secondi a portare ad un miglioramento dei primi”. Quel percorso inizia semplicemente spegnendo spesso e volentieri il prezioso dispositivo, specie quando si sta insieme.