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Ė finita l’era dei grandi progressi che avevano portato a un miglioramento senza precedenti storici nella qualità delle cure e nell’aspettativa di vita? Stando all’ultimo rapporto del Global Burden of Disease sembra di sì, almeno su alcuni indicatori. Pesa, tra l’altro il dilagare di guerre e patologie legate all’obesità. E nel nostro Paese si rilancia il problema dei passi indietro sulle vaccinazioni

La notizia era nell’aria da un po’, la curva virtuosa dei progressi sulla salute mondiale ha smesso di crescere. Non è più vero che “si sta sempre meglio”, anzi in alcuni contesti i tassi di mortalità sembrano scendere di nuovo. Lo documenta un esteso rapporto del Global Burden of Disease (GBD), pubblicato sulla rivista Lancet. Le ragioni sono molteplici, e non tutte riconducibili al fisiologico invecchiamento della popolazione. Ci sono più aspetti che sembrano “andati in tilt”, tra restrizioni di bilanci sanitari, peggioramento degli stili di vita e una certa perdita di coscienza sui capisaldi della cura e della prevenzione.

In particolare, a far discutere in questi giorni in Italia è ancora il nodo delle coperture vaccinali insufficienti, nodo rilanciato da un focolaio di morbillo diffusosi a Bari a partire da tre famiglie no-vax, patologia tra l’altro erroneamente scambiata all’inizio per mononucleosi. “La situazione non è assolutamente sotto controllo, è anzi allarmante”, sentenzia il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi, intorno a un virus “molto contagioso” e altrove scomparso, come nell’intero continente americano.

“Situazione creatasi in Italia dal 1999 da quando il Parlamento ha abrogato l'obbligo di iscrizione a scuola con il certificato di vaccinazione, una vera e propria bomba microbiologica”, argomenta Ricciardi, nel perorare un'azione energica anche verso gli operatori della Sanità e della scuola. “Non abbiamo più del 10-15% di persone che in questi mondi si vaccinano” - nota, ricordando in proposito l'esistenza di una “legge sulla sicurezza sui luoghi di lavoro che obbliga il datore di lavoro e il lavoratore ad attuare le misure per la prevenzione dei rischi”. Che in questo caso risultano conclamati.

Tornando agli scenari globali, il rapporto GBD conferma in realtà la tendenza al miglioramento di alcuni indicatori, inclusi i tassi complessivi di mortalità infantile, notando però il perdurare del dato inaccettabile di oltre cinque milioni di morti tra i bimbi sotto i 5 anni, e segnalando il rallentamento - e talora l'inversione di tendenza - per quel che riguarda l'età adulta. 

Tra le spiegazioni, il perdurare e l'emergere di nuovi conflitti, il dilagare di problemi quali lombalgia, emicrania e depressione (prime tre cause di disabilità nel 2017), nonché delle patologie croniche legate all'obesità e alla sedentarietà. E poi c’è l’insidiosa tendenza a “risparmiare sulla salute” a livello di bilanci pubblici. Tendenza purtroppo globale, che coinvolge anche l’Italia e che nelle aree deboli presenta risvolti drammatici. Quasi la metà dei Paesi denota carenze rilevanti di forza lavoro sanitaria: nel 47% ci sono meno di 10 medici per 10mila abitanti, e nel 46% ci sono meno di 30 infermieri e ostetriche ogni 10mila persone.

 

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