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Migliaia di consulti, un massiccio lavoro di informazione e sensibilizzazione, confronti tra addetti ai lavori e pazienti. L’appena trascorsa 26esima edizione della Giornata Mondiale del Diabete ha ribadito l’attenzione di molti al problema, ma anche la permanenza di diverse criticità

Migliaia di consulti, un massiccio lavoro di informazione e sensibilizzazione, confronti tra addetti ai lavori e pazienti. L’appena trascorsa 26esima edizione della Giornata Mondiale del Diabete ha ribadito l’attenzione di molti al problema, ma anche la permanenza di diverse criticità, anzitutto sui numeri. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) i diabetici nel 1980 erano 108 milioni, oggi sono almeno 422 milioni, con proiezioni che sfiorano i 650 milioni nel 2040, nonché costi altissimi e crescenti, per le persone e i bilanci sanitari.

I dati riflettono solo marginalmente l’aumento della popolazione, indicano piuttosto un progressivo aumento dell’esposizione all’iperglicemia (eccesso di zucchero nel sangue) per il mutare degli stili di vita, specie in ambito alimentare. La prevalenza in Italia è del 5,3% (ma secondo la Società Italiana di Diabetologia, Sid, è addirittura al 6,2%), ed è circa raddoppiata rispetto a 37 anni fa.

Non mancano le speranze di un’inversione di tendenza innescata dalla scienza. Di questi giorni ad esempio l’annuncio degli studiosi dell’Università di Milano (in collaborazione con Harvard), che sarebbero riusciti a ottenere la remissione del diabete di tipo 1 in un modello murino tramite l’infusione di “cellule staminali ematopoietiche ingegnerizzate”, rilanciando gli orizzonti promettenti della ricerca in tale ambito, ma, nell’attesa delle agognate ricadute cliniche il quadro rimane preoccupante.

L’ultimo rapporto della stessa Sid, redatto previa un’osservazione di oltre 10 milioni di italiani, pur riscontrando “ampie aree di miglioramento e la cura del diabete”, rileva problematiche che chiamano in causa anche i medici e ai pazienti. Ai primi si invoca un “maggiore rigore prescrittivo”, ai secondi una maggiore attenzione e aderenza terapeutica; tra l’altro, si nota che solo “la metà delle persone con diabete esegue il monitoraggio glicemico domiciliare”. Inoltre, si raccomanda di tenersi alla larga dal proliferare di “fake news” che disseminano improbabili “miracolosi” rimedi, e di far sempre riferimento all’esperto per le proprie scelte di cura.

Ma questo vuol dire anche un’altra cosa, assolutamente cruciale: serve un salto in avanti nella comunicazione tra pazienti e operatori, con l’ausilio dei suoi strumenti più moderni. “L’assistenza dovrà evolvere verso un approccio più razionale e moderno, indirizzandosi in remoto, grazie dalle tecnologie digitali”, spiega Domenico Mannino, Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi. Sperimentazioni di sistemi di telefonia e app per aiutare i pazienti a gestire il diabete e a comunicare tempestivamente coi medici sono del resto già in atto perfino in aree difficili del pianeta, col sostegno dell’Oms, che rivendica: “col Ramadan, tra India ed Egitto, abbiamo raggiunto 175mila persone”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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