C’è chi tira in ballo l’eccesso di partite, chi i nuovi scarpini che solleciterebbero troppo le articolazioni, chi la qualità dei terreni di gioco, inclusi i nuovi campi sintetici. Si discute, talvolta tra gli addetti ai lavori si litiga anche, ma sta di fatto che per i calciatori, a iniziare dai professionisti, i conti non tornano mai.
Gli infortuni ai crociati, anche gravi e reiterati sul medesimo atleta, sono in aumento e a primeggiare nell’amara classifica, secondo l’Uefa, è proprio il campionato italiano.
Su questa tematica ha preso il via nei giorni scorsi all’Università Campus Bio-Medico di Roma un apposito Master biennale di Secondo Livello in Traumatologia dello sport, che naturalmente interesserà non solo l’universo professionistico. Nel 2011 l’Istituto Superiore di Sanità ha documentato 300mila infortuni muscolo-scheletrici e articolari l’anno - in quasi la metà dei casi dovuti al calcio o al calcetto - che hanno determinato oltre 15mila ricoveri ospedalieri.
Dietro ai dati allarmanti non mancano peraltro un paio di buone notizie. La prima è che le tendenze all’aumento riflettono tra l’altro un incremento delle persone che svolgono attività fisica, anche in età molto avanzata, nonché il progressivo miglioramento dei trattamenti articolari, ortopedici e farmacologici, di prevenzione e di cura. La seconda è che l’attività fisica è di per sè foriera di miglioramenti capaci di incidere sulla stessa salute articolare.
In proposito, il co-direttore scientifico del Master, Vincenzo Denaro, cita uno studio recente, da cui emerge come l’attività motoria sia anche in grado di attivare due ormoni (l’irisina e l’osteocalcina, che a sua volta stimola le gonadi maschili a produrre testosterone), i quali, oltre a favorire lo sviluppo della massa muscolare, agiscono sul buonumore, con ricadute fisiologiche. “L'attività fisica - ricorda Denaro - è uno dei migliori presidi di carattere non farmacologico per la stimolazione della fase osteoblastica e quindi del metabolismo osseo, rappresentando uno dei migliori rimedi naturali per l'osteoporosi”, spiega l’ortopedico.
Il punto è che non bisogna esagerare, come emerge chiaramente tornando al professionismo. Una corposa indagine dell’Università di Nottingham sugli ex calciatori professionisti britannici ha rivelato che la loro esposizione all’artrosi e ad altre problematiche articolari è triplicata rispetto al resto della popolazione, il che chiamerebbe in causa il logorio dei “micro-traumi ripetuti” nell’ambito dell’attività sportiva pregressa. Rischi di infortuni, ma dunque anche problemi di lungo termine. Troppe partite, tempi di recupero scarsi, allenamenti non “calibrati: le cause possibili sono tante e (come il nostro corpo) vanno guardate nel loro insieme, con un approccio “olistico”. Non mancano, comunque, alcune colpe specifiche. “Nel nostro Paese esistono grandi centri che tentano di uniformare la loro attività agli standard europei, ma troppi invece sperimentano per conto loro”, denuncia il direttore del Master Rocco Papalia. E i risultati poi si vedono sul campo da gioco.