A leggere le singole percentuali sembrerebbe un problema marginale, ma a metterle insieme emerge un quadro estesissimo quanto drammatico. I cosiddetti “malati rari” sarebbero almeno due milioni in Italia, secondo la rete Orphanet, e in due terzi dei casi si tratta di bambini in età pediatrica. Nei giorni scorsi si è tentata la carta del rilancio dell’attenzione al problema, celebrando l’apposita “Giornata Mondiale”, con eventi, congressi, campagne di sensibilizzazione e perfino una mostra fotografica all’europarlamento promossa dalla Federazione Italiana Malattie Rare.
Tecnicamente la malattia si definisce “rara” quando (nella definizione europea) coinvolge non più dello 0.05% della popolazione, ma il fatto è che ce ne sono tantissime, oltre settemila secondo i conteggi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ed è un numero in continuo aumento per il progredire della scienza, specie in ambito genetico, e correlativamente la possibilità crescente di diagnosticarle, nonché, almeno in parte, di curarle.
Ai grandi numeri si aggiungono i grandi problemi per molte delle persone colpite. In Italia un quarto dei pazienti attende da 5 a 30 anni per trovare una diagnosi appropriata e, per ottenerla, uno su tre deve spostarsi in un’altra Regioni. La buona notizia è che tali difficoltà si stanno pur gradualmente riducendo, tra i citati progressi scientifici, le stesse campagne di sensibilizzazione, l’aumento della copertura pubblica delle patologie nell’ambito dei Livelli Essenziali di Assistenza, e anche grazie a iniziative su malattie specifiche.
Una di queste è della Lega del Filo d’Oro che si occupa di pluriminorazioni psicosensoriali, aiutando i pazienti nella definizione della diagnosi e del percorso riabilitativo più adatto, essenziale anche per il fatto che si tratta spesso di patologie che presentano possibili ricadute anche al di fuori dell’area inizialmente lesa. Ebbene, il Centro Diagnostico, allestito dall’associazione assieme a centri ospedalieri e pediatrici di Ancona, testimonia che solo in tale ambito le malattie rare trattate sono state 150, in incremento del 17% negli ultimi dieci anni. Addirittura, un paziente su due, tra quelli che si rivolgono al Centro, soffre di una di tale patologie.
La loro diffusione è tale che, in qualche caso, escono dalla categoria delle “rare”. È ad esempio il caso del “linfedema”, che oramai colpisce circa 40mila italiani l’anno, un’incidenza quasi pari al tumore al seno. Provoca il rigonfiamento degli arti per una carenza di drenaggio della linfa sotto la pelle, innescando tra l’altro molto dolore. Il rapido aumento è dovuto al fatto che colpisce almeno il 20% dei pazienti sottoposti a terapie oncologiche che prevedono lo svuotamento dei linfonodi ascellari, inguinali e pelvici. Se ne fa il punto proprio in questi giorni in una conferenza al Policlinico Gemelli di Roma, nell’ambito di un’altra “Giornata Mondiale”, dedicata specificamente a questa malattia, alfine anzitutto di ricordare, a pazienti e anche ai medici, che con una diagnosi tempestiva i rimedi esistono. In particolare, le recenti tecniche di microchirurgia permetterebbero la riduzione del gonfiore e del dolore fino al 70%.