“La medicina, fin dalle sue origini, ha avuto una impostazione androcentrica relegando gli interessi per la salute femminile ai soli aspetti specifici correlati alla riproduzione”. Non è l'esordio di un pamphlet femminista, bensì di uno spazio dedicato nel portale del ministero della Salute. La “medicina di genere” è uscita dall'equivoco di una valenza ideologica, per approdare al significato concreto di un'esigenza riconosciuta, almeno nelle parole, praticamente dalla totalità degli addetti ai lavori, istituzioni incluse.
E il prossimo 22 aprile ricorrerà la terza edizione della Giornata nazionale dedicata alla salute femminile, con una serie di eventi e iniziative che andranno ben al di là delle parole e della giornata stessa. In particolare, nell'intera settimana sarà possibile per le donne ricevere visite e consulti gratuiti in oltre 180 strutture ospedaliere riconosciute dall'Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda) con i “bollini rosa”, grazie alla loro attivazione di servizi e comportamenti adeguati alle specifiche esigenze femminili.
E saranno ben quindici le aree specialistiche coinvolte: diabetologia, dietologia e nutrizione, endocrinologia, geriatria, ginecologia e ostetricia, malattie e disturbi dell'apparato cardio-vascolare, malattie metaboliche dell'osso, medicina della riproduzione, neurologia, oncologia, pediatria, psichiatria, reumatologia, senologia, sostegno alle donne vittime di violenza. A questo si aggiunge l'annuncio di un monitoraggio rafforzato da parte dello stesso Osservatorio, che ha appena allestito su base permanente delle “Antenne” su base regionale, coinvolgendo per ora Basilicata, Calabria, Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Toscana, Trentino Alto-Adige e Veneto.
L'esigenza di un'attenzione personalizzata scaturisce da una catena di dati di fatto: le donne vivono di più, ma soffrono di più, per la stessa aspettativa di vita allungata, ma anche per la maggiore esposizione a diverse patologie, negli ambiti coperti dalle aree specialistiche citate. Al contempo, l'intera ricerca scientifica, fino agli ultimi anni, è stata sostanzialmente incentrata, anche sul piano sperimentale, sul corpo e le sintomatologie maschili.
Non ultimo, come ricorda lo stesso ministero, la donna è essa stessa “health driver”, facendosi carico della salute della famiglia, dall'ambito farmacologico a quello alimentare, oltre al complesso degli “stili di vita”. Questo riguarda non solo i figli, ma anche la cura dei malati, disabili e anziani, per i quali – ha notato un rapporto del Censis – il caregiver è nel 70% dei casi femmina. A margine, in un'altra Giornata recente (il 7 aprile, dedicata dall'Oms alla salute nel mondo), le istituzioni Onu hanno ricordato il caso di una donna deceduta in Italia: era la nigeriana Beauty, bloccata alla frontiera di Bardonecchia mentre cercava, incinta e malata, di raggiungere la sorella. Poi il decesso, dopo aver dato il figlio alla luce.