Il subitaneo passaggio da temperature invernali all’afa estiva sta inquietando un po’ gli “esteti”, per l’inatteso anticipo della temuta “prova costume”. L’esigenza di mettersi un po’ a dieta e di migliorare la qualità alimentare è però anzitutto sanitaria. Il dilagare della popolazione in sovrappeso profila una vera e propria emergenza, che tra l’altro ricade in rischi aumentati di diabete.
A rilanciare l’allarme è stato nei giorni scorsi l’Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo), nel suo ultimo rapporto realizzato in collaborazione con l’Istat. Gli italiani obesi che hanno il diabete sono oramai circa due milioni, con un rischio di mortalità decuplicato rispetto ai diabetici non in sovrappeso. La cifra complessiva dell’obesità nel nostro Paese supera i 3,2 milioni, ossia il 5,6% della popolazione. E si tratta di cifre raddoppiate negli ultimi trent’anni. “Possiamo considerare diabete e obesità come una pandemia, con serie conseguenze in termini di riduzione dell'aspettativa e della qualità della vita, e notevoli ricadute economiche”, commenta il presidente dell’Ibdo Renato Lauro.
L’equivoco di fondo (percepito da molti) è che il diabete sia uno sfortunato accidente legato essenzialmente a variabili genetiche. Questo vale, in parte, per alcune varianti, ma nella maggior parte dei casi no, come documentato, tra l'altro, dall’incidenza della patologia tra le fasce di età: è inferiore al 2% tra le persone con meno di 50 anni, mentre sale a quasi il 10% nella fascia superiore.
Per il resto, il diabete ha una leggera prevalenza maschile, e soprattutto è strettamente legato a fattori socio-economici. Al Mezzogiorno, benché culla per definizione della dieta mediterranea, l’incidenza è assai maggiore, sia nell’esposizione alla malattia, sia sulle sue percentuali di mortalità. Pesano i risparmi nelle scelte alimentari, con ricadute sulla qualità, e pesa un quadro complessivo di peggiore assistenza sanitaria. Questione di denari, anzitutto, ma anche, in parte, di organizzazione del sistema salute nel suo insieme, considerando che generalmente sono proprio le Regioni del Sud (con qualche eccezione, come la Puglia) le più refrattarie all’uso di farmaci generici che, a parità di efficacia e sicurezza terapeutica, consentono risparmi rilevanti ai cittadini e alle casse pubbliche.
Su “quale dieta” scegliere, nell’imperativo di perdere un po’ di peso, la priorità è dunque la qualità alimentare nel suo insieme. Lo ha documentato recentemente anche uno studio della Fondazione Gimbe. “Qualsiasi dieta bilanciata a ridotto contenuto di carboidrati o di grassi fa dimagrire, ma non è possibile raccomandarne nessuna in particolare, viste le esigue differenze tra i vari regimi dietetici”, ha spiegato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione. Non esiste la “dieta perfetta”, l'una o l'altra cambia poco, e può calibrarsi in base anche alle preferenze alimentari di ciascuno. Esiste però una priorità, quella di ricominciare a mangiar bene.