Il tema delle “bufale”, diffuse su web è social network, è assai critico e pericoloso sull’ambito della salute, come qui già più volte segnalato in relazione a vaccinazioni e altro. E a risultare, a tutt’oggi, particolarmente ricco di mitologie e falsità, è proprio il delicato settore della sessualità e della salute riproduttiva. Lo si è rimarcato in questi giorni a Roma, al 42esimo Congresso nazionale della Società Italiana di Andrologia (Sia).
La “fake” numero uno, come segnalato anche dall’apposito portale dell’Istituto Superiore di Sanità, è nell’idea stessa che la sterilità sia un problema essenzialmente, o almeno principalmente, femminile. Non lo è affatto. “Diversamente da quanto si crede, nella metà dei casi le cause sono da ricercare nell’uomo”, nota il presidente della Sia Alessandro Palmieri, rimarcando inoltre come il problema generale sia in rapido aumento: “Una coppia su cinque ha difficoltà a procreare per vie naturali, proporzione raddoppiata rispetto a vent’anni fa”.
Un incremento che sembra attribuibile proprio ai maschi, con la stima di circa due milioni di italiani “ipo-fertili”. L’immediata ricaduta di tale ignoranza è che il 25% delle coppie che ricorrono alla Procreazione Medicalmente Assistita (Pma) fanno il passo senza aver prima effettuato una banale verifica andrologica del liquido seminale. Laddove emergono scompensi, la soluzione terapeutica è possibile e anzi più semplice che per le donne, principalmente con trattamenti ormonali. Questi possono evitare il ricorso alla Pma (e i suoi alti costi), da considerarsi solo come “ultima spiaggia”, ma anche, quando risulta davvero necessaria, incrementarne le possibilità di riuscita. Una “bufala” ulteriore riguarderebbe l’effetto collaterale delle terapie a base di testosterone sui rischi cardiovascolari: “È vero invece il contrario, è chi ha il testosterone basso ad avere più rischi di infarto e ictus”, nota la Sia.
Lo slogan della Sia è allora quello di una “Procreazione Naturalmente Assistita”, che passi attraverso una migliore informazione al paziente, in sinergia con i ginecologi, con riferimento anche ai fattori di rischio. Se l’infertilità è aumentata, lo si deve non solo all’invecchiamento della popolazione (anche l’uomo ha il suo “orologio biologico”, dopo i 40 anni la sua capacità riproduttiva diminuisce sensibilmente), ma anche a un insieme di fattori riguardanti gli “stili di vita”, individuali e collettivi. Obesità, fumo, alcol, scelte riproduttive rinviate all’età avanzata, diagnosi tardiva di patologie come il varicocele, e perfino l’inquinamento: negli ultimi anni la concentrazione di spermatozoi si è dimezzata, e questo sarebbe ascrivibile anche a “interferenti endocrini”, quali il bisfenolo A, contenuto in plastiche e pesticidi.
Tra gli altri punti segnalati prioritariamente dalla Sia c’è il classico “spauracchio del ciclismo”: “Non causa problemi di erezione e infiammazione alla prostata”, chiariscono gli andrologi italiani, citando in particolare una recente ricerca californiana. Un altro tabù è che l’avere molti rapporti sessuali potrebbe alimentare i rischi di infiammazione e di tumore alla prostata. Di nuovo, dalle ultime ricerche emergerebbe semmai l’esatto opposto, una frequente eiaculazione sarebbe un fattore protettivo.