La performance in campo sanitario è più che mai cartina di tornasole nella valutazione della situazione sociale di una comunità e della sua capacità di prendersi cura, anzitutto, delle fasce più deboli. In questi giorni sono usciti alcuni dati interessanti, che coinvolgono anche il tema dell’immigrazione, chiarendone l’entità e documentando la percezione e l’azione concreta degli operatori sanitari, dai medici al mondo farmaceutico.
Anzitutto, i numeri. Il ministero della Salute riferisce che nell’ultimo anno i controlli sanitari effettuati sui migranti sbarcati in Italia sono stati circa 111mila, in netto calo, di oltre 60mila unità, rispetto all’anno precedente, e i dati sui primi mesi 2018 sembrano confermare la tendenza. Le patologie trattate documentano soprattutto i segni drammatici dell’odissea cui essi sono stati esposti: “Disidratazione, sindromi febbrili, traumatismi, ustioni chimiche, ferite da armi da fuoco e intossicazioni per esposizione a vapori tossici nelle stive […] cardiopatie, diabete, affezioni neurologiche, esiti psichiatrici, connessi a torture e violenze intenzionali”, si legge nell’ultimo rapporto in materia.
Sull’ambito delle patologie, non molto da segnalare, soprattutto niente di “esotico”. Primeggiano le “parossitosi cutanee”, come scabbia e pediculosi, anch’esse legate generalmente alle condizioni di viaggio, che sono risolte in un paio di trattamenti. Non esiste, per essere chiari, un problema di malaria. I casi, del tutto eccezionali, segnalati periodicamente in Italia, sono accertati su persone che tornano da qualche viaggio, non certo da traversate nel Mediterraneo nel corso delle quali le “zanzare colpevoli” non hanno possibilità di sopravvivere.
Poi ci sono i dati che confermano l’importante impegno dei medici italiani. Da una recente indagine emerge che l’88% si occupa anche dell’assistenza a cittadini non italiani, con numeri che si impennano nelle regioni “frontaliere” come la Sicilia e il Friuli-Venezia Giulia, ma coinvolgono in prima linea anche quelle con una solida qualità ricettiva, come l’Emilia-Romagna. Professionalità e generosità sono comprovate, altrettanto lo è però l’esigenza di maggiori risorse a favore delle fasce deboli, reclamata da due terzi degli operatori,
Sul tema generale della “povertà sanitaria”, che va ben oltre l’ambito dell’immigrazione, si segnala la presa in carico da parte degli stessi produttori, nell’ambito dei medicinali equivalenti. “Il bisogno di farmaci, non riguarda più solo immigrati e profughi, ma sempre più persone e famiglie italiane”, nota Enrique Hausermann, presidente di Assogenerici, che ha stretto una partnership con Banco Farmaceutico. “Un italiano su tre rinuncia a farmaci, visite o esami per ragioni economiche”, sottolinea Hausermann, ricordando la prima “mission” dell’associazione: “Una maggiore possibilità d’accesso ai farmaci in tutte le principali aree terapeutiche riducendo le disuguaglianze”.