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La “domanda” di assistenza sanitaria non diminuisce con la stagione calda, complici le crescenti “febbri estive”, mentre “l’offerta” cala un po’, per le vacanze degli operatori. Risultato, l’endemico problema del sovraffollamento dei Pronto Soccorso si aggrava ulteriormente e reclama risposte adeguate. In arrivo qualche cambiamento, anche sui “codici”

I Pronto Soccorso costituiscono forse il sito più amato, e al contempo odiato, della Sanità italiana. In entrambi i casi non dovrebbero generalmente esserlo. Si tratterebbe della struttura deputata alle sole emergenze, ma sovente vi si ricorre anche quando la reale emergenza non c’è, stretti nella tenaglia tra il legittimo timore suscitato anche da qualche  piccolo malore e la consapevolezza dei tempi eccessivi delle liste d’attesa. Il problema è oramai endemico, ma quel che si tende a dimenticare è che l’estate non è affatto un periodo di “tregua”, bensì, al contrario, specie quest’anno, di accentuazione del problema del sovraffollamento.

Le ragioni sono molteplici. Una di esse è l’ampio e crescente fenomeno delle febbri estive, legate a decine di forme virali “parenti” dell’influenza vera e propria, con relative possibili complicanze. L’aumento, già rilevato a inizio stagione, è a sua volta dovuto soprattutto, secondo gli esperti, ai cambiamenti ambientali in atto, con un “clima subtropicale” che caratterizza oramai il nostro Paese, determinando repentini sbalzi di temperatura che indeboliscono le naturali difese del nostro organismo.

Un’altra ragione sta nel fatto che gli operatori sanitari vanno legittimamente in vacanza, sicché, nonostante gli tra sforzi di turnazione, l’estate risulta penalizzata. La “domanda” sanitaria non diminuisce dunque granché rispetto alla stagione invernale, mentre “l’offerta” un po’ sì. Inoltre, le ferie degli uni o degli altri inducono a frequenti slittamenti negli appuntamenti e talora perfino alla chiusura di qualche reparto ospedaliero, alimentando ulteriormente la pressione sui Pronto Soccorso.

“Più passano gli anni più il problema aumenta”, riconosce Sandro Petrolati, Coordinatore della Commissione emergenza Anaao-Assomed, conteggiando “un 20-30% in meno di personale medico” in tali strutture, e sottolineando che “non basta sostituire gli operatori con contratti atipici o a gettone”. Scarso turnover, poco personale specializzato, il nodo generale dei tagli alla Sanità, spiega Petrolati, citando in particolare “la politica della chiusura dei posti letto nei reparti, senza offrire una reale alternativa, il che fa esplodere il Pronto Soccorso, trasformato in un luogo di ricovero, dove il paziente viene curato in barella”, anziché essere condotto appunto nell’apposito reparto.

In effetti, i dati raccolti ad esempio nella Regione Lazio mostrano che due terzi dei pazienti in Pronto Soccorso sono in “codice verde”, ossia in uno stato “poco critico, assenza di rischi evolutivi, prestazioni differibili”. Nell’aumentata pressione, incrementa anche il rischio d’errore, che poi ricade sull’operatore stesso, oltre che sulla persona trattata.

Proprio di recente due infermieri sono stati condannati in Cassazione per omicidio colposo, e il “sovraffollamento” non è stato ritenuto un’attenuante. Da notare che qui il problema non riguarda solo le Regioni più in difficoltà, bensì anche quelle più virtuose nell'assistenza.

Ė un nodo centrale della Sanità italiana, che reclama risorse e un efficientamento della spesa, anche farmacologica.

Qualche cambiamento si annuncia a partire dalla nomenclatura: i “codici” non saranno più associati a colori, bensì a numeri, da 1 a 5, a seconda della gravità. Obiettivo: una razionalizzazione del sistema che, dirottando i pazienti con problemi minori verso percorsi specialistici, riesca a trattare il 95% delle emergenze entro un’ora.

 

 

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