Ogni 10 minuti una donna muore a causa di un problema al cuore. Eppure, la stragrande maggioranza ignora che le malattie cardiovascolari sono il killer numero uno del gentil sesso, nonostante gli esperti concordino che l’80 per cento degli eventi cardiaci potrebbe essere prevenuto. Per sensibilizzare le donne alla cura del cuore è stata lanciata la campagna di informazione “Vivi con il Cuore”, promossa dalla Società italiana di cardiologia (Sic).
Nel frattempo il Centro Cardiologico Monzino ha annunciato i dati dei primi due anni di attività di Monzino Women, il progetto dedicato alla prevenzione cardiovascolare nella donna. Dai risultati si evince che almeno una su quattro ha un rischio cardiovascolare elevato.
Ai fattori di rischio più noti, come colesterolo, fumo, ipertensione, diabete, obesità, si aggiungono livelli preoccupanti di depressione, ansia, stress, che a loro volta innalzano ulteriormente il pericolo di andare incontro a un evento cardiovascolare; troppo spesso senza che la donna lo sappia. “In due anni abbiamo seguito 320 donne, tutte senza sintomi evidenti, né precedenti eventi cardiovascolari, con un’età media di 50 anni: nel 25 per cento dei casi lo screening ha rilevato un profilo di rischio medio-alto, tale da rendere necessario ricorrere a una terapia o a correzioni di stile di vita”, dichiara Daniela Trabattoni, responsabile di Monzino Women. “I dati evidenziano un quadro che merita tutta la nostra attenzione: 63 donne - pari al 20 per cento del totale - sono state indirizzate a una terapia soprattutto per abbassare il colesterolo, normalizzare i livelli pressori o ridurre l’omocisteina, un indice infiammatorio indicatore di sviluppo di malattia aterosclerotica, che si rileva con semplici esami del sangue e si normalizza con una cura a base di vitamina B e acido folico”, aggiunge.
La salute del cuore però è anche una questione di mente. “La nostra Unità di Psicocardiologia ha evidenziato nel 10 per cento delle donne che si sono rivolte a Monzino Women livelli di depressione, ansia e stress così elevati da aggravare il loro profilo di rischio cardiovascolare; in questi casi le donne sono state indirizzate verso una terapia psicologica e/o farmacologica”, dice Trabattoni. “La nostra esperienza indica l’aspetto psicologico come il fattore di rischio cardiovascolare maggiormente in crescita nel mondo femminile e non è problema secondario”, aggiunge. Diversi studi dimostrano infatti che stress, ansia, depressione sono un pericolo maggiore per le donne rispetto agli uomini: i vasi periferici femminili in condizioni di stress prolungato, invece di dilatarsi e consentire un maggiore afflusso di sangue al cuore, si restringono ostacolando il flusso sanguigno e ciò si traduce in un maggiore rischio di ischemia e infarto.
Nel 5 per cento delle donne visitate, infine, è stata riscontrata una malattia già in atto: coronaropatia, patologia carotidea o aritmia, che sono state curate. “Un dato da non sottovalutare, se consideriamo che stiamo parlando di donne che credevano di stare bene”, sottolinea Trabattoni. “Del resto, abituate a sopportare il dolore e a pensare, erroneamente, che la malattia cardiovascolare sia più un problema maschile, le donne troppo spesso si trascurano e arrivano dal cardiologo troppo tardi”, conclude.