Può far bene alla “gola”, ma fa sicuramente male al cuore. Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università di Oxford ha suggerito che il consumo di carne rossa o lavorata può incrementare il rischio di sviluppare malattie cardiache, tanto che per ogni 50 grammi di carne lavorata consumati su base settimanale, il pericolo di problemi coronarici aumenta del 18 per cento. Queste conclusioni, pubblicate sulla rivista Critical review in Food Science and Nutrition, suggeriscono di fare molta attenzione a quanta carne rossa e lavorata si mette a tavola. Pollame e carni bianche sembrano invece non influenzare la salute cardiaca
Nello studio i ricercatori hanno revisionato i dati raccolti in 13 studi diversi, che hanno coinvolto un totale di 1,4 milioni di persone. Pur non avendo indagato sulla relazione causale tra consumo di carne rossa o lavorata e malattie cardiache, gli scienziati ipotizzano che i grassi saturi nella carne rossa e il sale nelle alternative più lavorate possano compromettere il benessere cardiaco dell’organismo. Assumere grassi saturi, infatti, può portare a un aumento nei livelli di colesterolo dannoso, mentre il consumo eccessivo di sale provoca una più elevata pressione sanguigna.
“La carne rossa lavorata è stata collegata anche al tumore maligno dell’intestino", osserva Keren Papier dell’Università di Oxford. “Limitare il consumo di questi cibi può contribuire a prevenire diverse complicazioni cliniche”, aggiunge. “Dobbiamo ridurre anche la produzione di carne – commenta Anika Knüppel, collega e coautrice di Papier – anche per l’impatto ambientale a cui questo settore è legato”. Il gruppo di ricerca precisa che sarà necessario valutare l’associazione tra il consumo di carne rossa e lavorata anche in altre realtà, dato che gli studi esaminati si concentravano su popolazioni statunitensi ed europee. “I nostri risultati – concludono gli autori – suggeriscono che eliminare una porzione di carne rossa e lavorata a settimana potrebbe ridurre significativamente i decessi associati alle malattie cardiache”.