Uno studio italiano ha individuato una nuova possibile chiave per contrastare il declino cognitivo. Si tratta di ridurre la molecola infiammatoria CCL11 e, in questo modo, accrescere i benefici prodotti dall’allenamento fisico e mentale sull’invecchiamento cerebrale. A mettere a punto questa nuova strategia sono stati i ricercatori del progetto “Train the Brain”, svolto con il sostegno di Fondazione Pisa e coordinato da Lamberto Maffei, che è stato direttore dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa. È una realtà attiva sul territorio pisano e in quasi dieci anni ha coinvolto centinaia di anziani.
Il progetto ha costituito un laboratorio permanente e uno stimolo per la comprensione dei meccanismi molecolari che traducono l’allenamento fisico e mentale in una migliore funzione del cervello degli anziani. Per studiare questi meccanismi, un gruppo di ricerca coordinato da Marco Mainardi del Cnr-In e Margherita Maffei dell’Istituto di fisiologia clinica, ha esteso la propria indagine al sangue dei soggetti inclusi in Train the Brain, evidenziando alcune particolarità. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Brain, Behavior and Immunity. “Abbiamo notato che nel sangue dei partecipanti al progetto i livelli della molecola infiammatoria CCL11, nota anche come Eotaxin-1, erano più bassi rispetto a quelli misurati prima dell’inizio del programma di allenamento”, spiega Mainardi. Per capire se questa riduzione fosse una conseguenza dell’esercizio fisico e mentale i ricercatori hanno utilizzato il modello murino, seguendo un protocollo, detto “arricchimento ambientale”, di esercizio fisico volontario, di stimolazione cognitiva e di interazione sociale, che riproduce Train the Brain.
“I modelli animali arricchiti, normalmente più bravi nello svolgimento di un test di memoria spaziale rispetto a quelli allevati in condizioni standard, perdono il loro vantaggio - dice Mainardi - se i livelli di CCL11 sono mantenuti elevati artificialmente. Viceversa, la neutralizzazione di questa molecola nei soggetti allevati in condizioni standard comporta un miglioramento della loro capacità cognitiva che li rende simili agli arricchiti”. Conclude Margherita Maffei: “Questi esperimenti mostrano come la riduzione del livello ematico della molecola infiammatoria CCL11 costituisca un meccanismo chiave nel miglioramento delle prestazioni di apprendimento e memoria indotto dal training fisico e cognitivo. I risultati aprono la strada a possibili strategie terapeutiche per alleviare gli effetti della perdita di memoria dovuta a patologie neurodegenerative, prima tra tutte la malattia di Alzheimer, tramite un’azione mirata su CCL11. Il gruppo è attualmente alla ricerca di nuovi finanziamenti per proseguire il progetto e riuscire così a chiarire, tra l’altro, quali siano le cellule cerebrali bersaglio dell’azione di CCL11”.