È una proteina, si chiama UBE2N e sembra essere il bersaglio perfetto per sconfiggere una volta per tutte le cellule della leucemia mieloide acuta. A scoprire questo nuovo bersaglio terapeutico è stato un gruppo di ricercatori coordinati da Laura Barreyro e Avery Sampson del Cancer and Blood Diseases Institute di Cincinnati Children's. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, apre la strada allo sviluppo di una nuova e più efficace terapia.
Nonostante i recenti progressi nelle terapie per la leucemia, il problema dell'alto rischio le ricadute non è stato ancora risolto. Elevati tassi di recidiva significano che i pazienti hanno ancora un tasso medio di sopravvivenza a 5 anni basso, pari a circa il 25%. Ricerche recenti hanno dimostrato che la ricaduta può insorgere quando i trattamenti non riescono a eliminare le cellule staminali e progenitrici ematopoietiche leucemiche (HSPC), che cooptano le vie di segnalazione immunitaria e spesso agiscono come “semi” per i tumori della leucemia. Studiando diverse linee cellulari umane di leucemia mieloide acuta e campioni di pazienti, i ricercatori hanno scoperto che le HSPC leucemiche dipendono dalla proteina UBE2N per la loro sopravvivenza.
I ricercatori hanno quindi eseguito screening strutturali e cellulari e identificato due inibitori che possono colpire l’UBE2N e interromperne l’attività enzimatica. “Abbiamo ancora molto lavoro da fare”, dicono i ricercatori. “Questo è un composto, non un farmaco. Deve ancora essere perfezionato e ottimizzato prima di poterlo trasmettere ai pazienti”, aggiungono. Ma l'approccio sembra molto promettente e potrebbe avere implicazioni anche contro altre patologie. Oltre alla leucemia mieloide acuta, il nuovo composto potrebbe essere utile anche nel contrastare alcuni tumori solidi come quello alla mammella, alle ovaie e al colon, nonché alcuni disturbi infiammatori cronici.