I lavoro legati al settore sanitario, sociale, manifatturiero e dell'istruzione espongono le donne incinte a un maggior rischio di subire un aborto. Non solo. Queste professioni sono associate anche a un più alto rischio di natimortalità. Sono drammatici i risultati di uno studio condotto da un gruppo di scienziati del National Medical Center di Seoul e pubblicato sul Journal of Occupational Health. Il team di ricerca, coordinato dallo scienziato Jung-won Yoon, ha eseguito un’analisi su oltre 1,8 milioni di donne incinte lavoratrici e non, in Corea del Sud.
Nell’indagine, i ricercatori hanno preso in considerazioni i rischi per aborto spontaneo, gravidanza ectopica, gravidanza molare, nati morti o esiti precoci di natimortalità. Dai risultati è emerso che il 18%, lo 0,7% e il 39,8% delle gravidanze si sono concluse rispettivamente con esiti precoci di aborto, morti alla nascita e nessun nato vivo. Il rischio di interruzioni d gravidanza è risultato più elevato nelle gestanti professionalmente impegnate rispetto a quelle che restavano in casa. In particolare, riportano gli autori, le professioni maggiormente correlate a esiti avversi riguardavano il settore sanitario e il lavoro sociale, seguiti dalla manifattura, il commercio all’ingrosso e al dettaglio, l’istruzione e i servizi pubblici.
Tra le occupazioni che invece sembravano meno rischiose per le gestanti, gli studiosi hanno evidenziati i lavori finanziari e assicurativi. “La buona notizia – sottolinea Yoon – è che il Ministero dell’occupazione e del lavoro della Corea del Sud è in fase di revisione della legislazione sull’assicurazione contro gli infortuni legati all’occupazione, in modo da coprire tutti gli esiti infausti della gestazione. Speriamo che il nostro articolo, che evidenzia l’impatto dell’ambiente lavorativo sui rischi della gravidanza, possa gettare nuova luce sulle professioni considerate più ‘pericolose’ per le donne in dolce attesa”.