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Grazie a test diagnostici innovativi è oggi possibile individuare, nel giro di poche ore, non solo gli agenti patogeni responsabili di un’infezione, ma anche a quali farmaci sono sensibili. Utilizzati in maniera appropriata, potrebbero ridurre i decessi per infezioni resistenti agli antibiotici di ben il 30%. Questo si tradurrebbe per il nostro Paese in circa 3.300 vite salvate ogni anno.

“Nell’Unione Europea più di 670mila infezioni sono dovute a batteri resistenti agli antibiotici, mentre circa 33mila persone muoiono come diretta conseguenza di esse”, sottolinea Maurizio Sanguinetti, direttore del Dipartimento Scienze di Laboratorio e infettivologiche, direttore della UOC Microbiologia, Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, ordinario di Microbiologia all’Università Cattolica. “L’Italia è il primo paese europeo per numero di morti per l’antibiotico-resistenza, un terzo dei quali prevenibili grazie un approccio proattivo - prosegue -.Per contrastare l’avanzata dei cosiddetti ‘super-microbi’ abbiamo bisogno di ricorrere a strategie diagnostiche innovative ed all’avanguardia, che consentono di individuare in tempi rapidi farmaci in grado di sconfiggerli”, evidenzia Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (AMCLI). “Secondo le nostre stime i nuovi test diagnostici si potranno ridurre i decessi di oltre il 30%”, aggiunge.

Oltre al risparmio di vite umane si avrebbe un vantaggio anche per il SSN: “L’antibiotico-resistenza e le infezioni correlate all’assistenza hanno un impatto enorme sul nostro Servizio sanitario nazionale”, spiega Gian Maria Rossolini professore ordinario di Microbiologia e Microbiologia Clinica all’Università degli Studi di Firenze e direttore della Unità Operativa di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Careggi. “Si stima che ogni anno siano responsabili di 2,7 milioni di ricoveri per un costo diretto complessivo che ammonta a circa 2,4 miliardi di euro”.

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