L’immunoterapia neoadiuvante che precede l’intervento chirurgi consentenel al 60% dei pazienti con melanoma metastatico di evitare la terapia post-intervento. Si tratta di una buona notizia per molti pazienti, ma anche per le tasche del Ssn. Le possibili implicazioni dell’utilizzo dell'immunoterapia neoadiuvante nei tumori sono state discusse in occasione del primo congresso INNOVATE - International Neoadjuvant Immunotherapy Across Cancers, svoltosi a Napoli.
Attualmente, l’immunoterapia neoadiuvante ha solo due indicazioni approvate: il carcinoma mammario triplo negativo e il carcinoma polmonare non a piccole cellule resecabile. Tuttavia, una serie di studi molto importanti porteranno presto ad estendere le indicazioni di questo approccio terapeutico anche ad altri tipi di cancro, come il melanoma, il tumore alla vescica, al colon-retto e quello gastroesofageo. “Sono stati però gli studi sul melanoma, il più aggressivo tumore alla pelle, ad aprire la strada all'immunoterapia neoadiuvante", spiega Paolo Ascierto, presidente del congresso, nonché presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’U.O.Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli. "La recente pubblicazione dei dati dello studio internazionale NADINA , che ha coinvolto 423 pazienti con melanoma di stadio III operabile, divisi in due gruppi - ne ha consacrato ufficialmente l'utilizzo nei casi di melanoma metastatico”, aggiunge.
“Dopo un follow-up mediano di 9,9 mesi la sopravvivenza libera dalla progressione della malattia è stata significativamente più duratura nel gruppo di pazienti che hanno ricevuto l’immunoterapia pre-intervento, con un tasso, a 12 mesi, pari all’84% contro il 57% dei pazienti passati prima sotto al bisturi", specifica Ascierto. "Vantaggi sostanziali sono stati riscontrati anche sul rischio recidiva tanto che in 6 pazienti su 10 sottoposti a terapia neoadiuvante, il trattamento post-intervento è diventato superfluo”.