Le classifiche sui sistemi sanitari sono tante, e prese singolarmente non sempre forniscono un quadro corretto della realtà. Che “non siamo la migliore Sanità al mondo”, lo abbiamo capito purtroppo già da un po’ anche in base ai risultati di un'inchiesta fondata perlopiù sulle opinioni dei pazienti. Ma per comprendere, nel confronto con gli altri Paesi, i punti di forza e criticità di un sistema è utile incrociare i parametri delle diverse indagini internazionali. È quello che ha fatto l’osservatorio della Fondazione Gimbe, con esiti piuttosto interessanti.
L’analisi ritenuta più “completa” è quella dell’OCSE, anche perché include diverse variabili sullo stato di salute effettivo della popolazione. Siamo piuttosto in alto in Europa (quarti) nella speranza di vita, ma in basso per quel che riguarda la mortalità cerebrovascolare, tumori, basso peso alla nascita. Sugli “stili di vita” rimaniamo in buona posizione per il consumo di frutta e per la bassa incidenza di sovrappeso tra gli adulti, ma emerge al contempo una tendenza al peggioramento, grazie anche all’ampiezza del fenomeno dei fumatori giovanissimi e della sedentarietà.
Sono quindi dati che vanno letti nel loro insieme. “Non è più tempo di illudersi utilizzando in maniera opportunistica le prestigiose posizioni del nostro SSN riferite a classifiche obsolete (2° posto OMS), oppure che mettono in relazione l’aspettativa di vita con la spesa sanitaria pro-capite (3° posto Bloomberg)”, spiega Nino Cartabellotta, presidente del Gimbe.
Per quanto riguarda la durata media di vita, ad esempio, risultiamo in un ottimo secondo posto nella percentuale della popolazione sopra i 65 anni e sopra gli 80, ma crolliamo alla ventesima postazione per l’“aspettativa di vita in buona salute”.
Insomma, qui si vive parecchio - e questo dice qualcosa - ma spesso si vive male, e questo dice qualcos'altro, sui difetti nell’assistenza. E in tema spuntano dati eloquenti anche sul fronte dei farmaci. Siamo ad esempio alti in classifica per numero di farmacisti occupati, ma assai in basso (26esimi) per il ricorso ai farmaci equivalenti. Che è significativamente maggiore nei Paesi e nelle Regioni italiane dove l’assistenza sanitaria è migliore nel suo insieme: la ragione principale è semplice, a parità di efficacia terapeutica costano meno, liberando risorse per potenziare la platea e la qualità delle cure.
Tra le maggiori criticità evidenziate dal Gimbe, svettano quelle sul personale.
Siamo nelle ultime posizioni, ad esempio, per percentuale di medici sotto i 55 anni e per numero di laureati in scienze infermieristiche. “Mancano 50mila infermieri”, l'allarme lanciato nei giorni scorsi dalla Fnopi, l'organizzazione di categoria, che sulla base di studi internazionali ricorda: “Se ogni infermiere assistesse al massimo 6 pazienti sarebbero evitabili almeno 3.500 morti l'anno”. Attualmente, invece, il rapporto è 1 a 11.