Al 36° Congresso Nazionale della Società Italiana di Farmacologia, l’importanza della non sostituibilità tra farmaci equivalenti per ottenere il massimo dell’efficacia terapeutica e quindi l’aderenza del paziente in terapia con un farmaco equivalente.
Si è svolto a Torino nei giorni scorsi il 36° Congresso Nazionale della Società Italiana di Farmacologia, incentrato sul ruolo della ricerca farmacologica per la crescita e la salute in Italia.
Tra i temi affrontati, il ruolo degli equivalenti.
In particolare, si è sottolineata l’importanza dell’informazione al paziente, in modo che sia consapevole della buona qualità del farmaco equivalente e di quale sia la corretta modalità da seguire per ottenere il massimo dell’efficacia.
Due i temi che il paziente ha il diritto di conoscere a fondo:
- il suo contributo alla sostenibilità della spesa farmaceutica, scegliendo gli equivalenti;
- la non sostituibilità tra farmaci equivalenti per ottenere l’aderenza alla terapia da parte del paziente
Il primo tema riguarda il risparmio ad ampio raggio ottenuto dal cittadino, a livello personale, sulla spesa in farmacia, e a livello più generale dal Sistema Sanitario Nazionale.
Interessante è stato lo sviluppo del secondo tema, della non sostituibilità da un farmaco equivalente ad un altro farmaco equivalente per non mettere a rischio l’aderenza alla terapia.
Che cosa significa?
Nell’organismo, quando si assume un farmaco equivalente (ma anche di marca), si stabilisce un equilibrio. Se questo farmaco viene sostituito da un altro equivalente, questo equilibrio viene rotto e necessita di tempo per ristabilirsi. Questa perdita di equilibrio può creare inefficacia terapeutica per un periodo di tempo necessario a ristabilirlo.
Il farmaco, cioè, potrebbe non funzionare, e non per scarsa qualità dello stesso (sempre garantita e confermata dai numerosi controlli AIFA), ma perché la bioequivalenza del +/-20% tra due farmaci equivalenti dello stesso originatore non è garantita. Infatti, i medicinali equivalenti sono confrontati unicamente con il medicinale originale di marca e così l'interscambiabilità fra equivalenti è solo supposta.
Per questo motivo, occorre stare molto attenti alle sostituzioni da un farmaco equivalente a un altro farmaco equivalente e per far sì che ciò non avvenga occorre il contributo di tutti gli attori coinvolti, e cioè:
- del medico, che dovrebbe apporre la dicitura “non sostituibile” sulla ricetta
- del farmacista, che dovrebbe consegnare il farmaco prescritto
- del paziente, che dovrebbe essere più informato grazie a campagne informative educazionali ed essere in grado di chiedere a medico e farmacista che gli sia prescritto e consegnato lo stesso farmaco. Particolarmente sensibili alla problematica sono i pazienti anziani pluri-trattati che si vedono sostituire la confezione e rischiano di non riconoscere la terapia, assumendo così il farmaco sbagliato.