La carenza di vitamina D può influenzare la comparsa della sclerosi multipla, la malattia degenerativa autoimmune che provoca lesioni al sistema nervoso centrale e rappresenta il disturbo neurologico più comune tra i giovani adulti.
Il legame tra bassi livelli nel sangue del micronutriente e la malattia neurologica era stato segnalato da diversi studi e da osservazioni epidemiologiche che hanno diagnosticato una maggiore prevalenza del disturbo nei paesi nordici, dove è minore l’irraggiamento solare. Ora, uno specifico studio ha individuato un nesso di causalità diretta.
I ricercatori canadesi della McGill University hanno analizzato il livello di vitamina D in 14.498 pazienti malati di sclerosi multipla e le informazioni relative a 24.901 controlli medici. Secondo i dati raccolti, una carenza genetica di vitamina D raddoppierebbe il rischio di ammalarsi di sclerosi multipla. Aumentando il livello di questa vitamina nei pazienti è quindi possibile ridurre le probabilità dell'insorgere della malattia.
“Il link che c'è tra la carenza di vitamina D e il rischio di sviluppare la sclerosi multipla è sempre stata un'importante area di interesse per la comunità scientifica che si occupa di questa malattia”, spiega la Dottoressa Karen Lee. “Certo il basso livello di vitamina D non è da considerarsi l'unico fattore di rischio – sottolinea Lauren Mokry, autrice dello studio – ma averlo identificato potrebbe avere un impatto significativo per la prevenzione di questa terribile malattia”.
Anche secondo uno studio condotto dai ricercatori della Harvard School of Public Health (HSPH) e coordinato dal professor Alberto Ascherio, la vitamina D potrebbe rallentare la progressione e ridurre la gravità della malattia.
Il team di studiosi è riuscito a evidenziare come i pazienti in una fase iniziale della malattia presentassero bassi livelli di vitamina D. Un fattore che è stato considerato indicativo della gravità ma anche della velocità di progressione della sclerosi multipla. Così, i ricercatori hanno ipotizzato che, nella fase iniziale della malattia, una più consistente assunzione di questa vitamina potesse allontanare i sintomi della patologia.
I risultati sono stati rincuoranti: i pazienti che nella fase iniziale della malattia registravano adeguati livelli di vitamina D nell’organismo, presentavano un tasso di nuove lesioni cerebrali inferiore del 57%, un tasso di recidiva della malattia inferiore del 57%, e un incremento annuo del volume delle lesioni inferiore del 25% rispetto ai partecipanti con bassi livelli di vitamina D. Per garantirsi una buona riserva di vitamina D nell'organismo è necessaria in primo luogo l'esposizione alla luce solare. I quantitativi presenti nei cibi sono piuttosto bassi, ma un cucchiaino (o una pillola) di olio di fegato di merluzzo al giorno può essere utile, soprattutto per le persone anziane. Per superare queste difficoltà esistono preparati, disponibili anche come equivalenti, capaci di fornire le quantità necessarie di vitamina D al nostro organismo.