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I timori relativi all'ebola restano alti, motivati dall’Oms con un esempio proprio sulla Liberia, l’ultimo dei tre paesi (dopo Sierra Leone e Guinea) a essere dichiarato “virus-free".

La morte di una donna per l’Ebola in Sierra Leone poche ore dopo l’annuncio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) – “ L’Africa Occidentale è a zero” contagi – potrebbe far pensare a un macroscopico errore dell’agenzia dell’Onu dopo 68 anni di onorato servizio. Non è così, e per capire che l’avvenire possa ancora essere dietro le spalle basta un’occhiata al testo del comunicato.

E’ probabile che emergano nuovi focolai”, si legge già nel titolo, seguito dall’impegno a uno “ sforzo massiccio per assicurare una solida prevenzione, sorveglianza e capacità di risposta” nell’area. I timori restano dunque alti, motivati dall’Oms con un esempio proprio sulla Liberia, l’ultimo dei tre paesi (dopo Sierra Leone e Guinea) a essere dichiarato “virus-free” (tecnicamente per il conteggio di 42 giorni trascorsi dal contagio alla guarigione dell’ultimo paziente accertato): ebbene, la stessa Liberia era stata dichiarata “libera” già lo scorso maggio, ma il contagio è poi riapparso per ben due volte.

In due anni Ebola ha infettato quasi 30mila persone uccidendone più di 11mila. L’epidemia più letale, da quando apparve per la prima volta il virus nel 1976, ha devastato la popolazione e l’economia di tre paesi, contagiando cittadini di altri 30, incluso un cooperante italiano. Mancano ancora certezze su terapia e vaccinazioni. Insomma, come spiega la rivista Nature, tra le “7 lezioni” impartite dalla tragedia, la più importante sta nel fatto che non è finita.

Le altre 6 riguardano l’adeguatezza della risposta internazionale all’emergenza, tra nodi organizzativi, farmacologici, perfino culturali. È la stessa Oms peraltro a indicare l’aspetto cruciale: servirebbe “una copertura sanitaria universale” per prevenire questa e altre pandemie, che agiscono selettivamente soprattutto nei paesi più poveri di risorse, strutture e cure.

Un imponente studio finanziato da diverse fondazioni americane fa i conti: affrontare le emergenze pandemiche può costare al mondo circa 60 miliardi di dollari all'anno: per evitarle – spiega - basterebbe investire meno di un decimo di tale cifra per realizzare ovunque un’adeguata prevenzione sanitaria.

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