La sentenza emessa a inizio anno dal Consiglio di Stato ha una valenza storica in materia di prescrizioni farmaceutiche, con un impatto destinato a protrarsi ben al di là dell'ambito territoriale dal quale è stato sollecitato, ossia la Regione Puglia.
Il supremo organo amministrativo ha sancito una volta per tutte che il medico, nel valutare tra farmaci di riconosciuta pari efficacia terapeutica e sicurezza, deve preferire quello meno costoso. In sostanza, se vale uguale e costa meno va scelto. Il principio, ispirato a una politica di contenimento della spesa sanitaria, era stato stabilito da una delibera regionale firmata a Bari il 26 febbraio di due anni fa, e poi era stato fatto proprio anche dal Tar. Nel respingere l’ulteriore ricorso di tre aziende farmaceutiche, lo ha reso un principio applicabile in qualsiasi angolo del paese.
In discussione (accesa) erano in particolare i farmaci “biosimilari”, che prospettano un risparmio fino al 60 per cento della spesa. L’imperativo dei giudici si applica ai pazienti “naive”, che devono entrare in terapia, altrimenti viene riconosciuta la discrezione del medico nell’atto di prescrivere i farmaci onde non rischiare di inficiare il principio della continuità di trattamento.
Con la sentenza, in più, la magistratura ora decreta la punibilità del professionista che non si adegui al principio: “ Non può censurarsi nemmeno la previsione di una procedura aggravata e di una possibile sanzione per i medici che risultino inadempienti", e cioè pagare di tasca propria il “rimborso della prescrizione” inutilmente onerosa. Di più, riconoscendo la sostanza scientifica e al contempo economica del principio, i giudici impegnano i direttori sanitari ad applicarlo, tra gli “obiettivi prioritari”, fino a “ considerare la loro attuazione oggetto di valutazione ai fini della conferma o della revoca dell'incarico".
La sentenza estende e generalizza alla collettività di cittadini e operatori un concetto già evocato in recenti pronunce dello stesso Consiglio su appalti e direttive dirigenziali di spesa in altre regioni, quali Umbria e Toscana.