“Mens sana in corpore sano”, scriveva Giovenale quasi duemila anni fa. Per la verità, spiegano i latinisti, il poeta non intendeva esattamente quel che interpretiamo oggi, ossia che la salute mentale e quella fisica si alimentino a vicenda. Voleva solo dire che la salute è la sola cosa che conti davvero, in entrambe le declinazioni. Quella è comunque l’interpretazione attuale, e trova ora un’interessante conferma scientifica. Che dovrebbe far riflettere, agli individui ma anche ai decisori politici.
L’ultima novità in proposito arriva da una ricerca finlandese sui topi. Documenta come un sostenuto esercizio fisico aerobico incrementi la neurogenesi cerebrale. In altre parole, secondo una squadra di psichiatri e biologi dell’Università di Jyväskylä, la corsa alimenterebbe la riserva di neuroni dell’ippocampo, che è precondizione cruciale alle nostre capacità di apprendimento spaziale e temporale. Inoltre – ma questo è presentato solo a titolo di ipotesi da approfondire – sembrerebbero prodursi anche delle variazioni genetiche, con ricadute e suggestioni sulla cosiddetta “memoria cellulare” che si riprodurrebbe ed evolverebbe nelle generazioni, il cui studio è ancora agli albori.
Tecnicamente, si è visto che i topi “atletici” generano una produzione neuronale quasi tripla rispetto ai sedentari, e si suppone che lo stesso avvenga per gli umani. Attenzione, perché i test precisano un concetto: la differenza si produce solo nelle “corse a lunga distanza”, non nelle sgambate occasionali. Il beneficio è nell’esercizio aerobico serio, non nella partitella settimanale di calcetto.
Il tema è rilevante, specie in un paese dove tanti fanno sport ma latitano le strutture e gli spazi, a cominciare dalla scuola, il che è grave – come sporadicamente denuncia la stampa italiana - considerando che l’effetto qui accertato è proprio sull’apprendimento.