Si pensa solitamente alle malattie dell’apparato digerente come a un problema secondario nella salute, e si pensa male. Sono la seconda causa di ospedalizzazione in Italia, con alte percentuali di mortalità, soprattutto al Sud (8,1%) in ragione della minor tutela sanitaria. Due recenti convegni, a Napoli e Roma, hanno affrontato il problema, sollecitando a un’attenzione che avrebbe ricadute importanti non solo per i pazienti, ma anche per i conti pubblici.
I ricoveri in Italia sono stati 878mila solo nel 2014, secondo la ricerca presentata dall’Associazione Italiana Gastroenterologi ed endoscopisti Ospedalieri (Aigo), interessando perlopiù il sesso maschile e gli over-65. L’indagine si è focalizzata su ben tremila pazienti in una cinquantina di strutture specializzate.
Ma c’è dell’altro e di peggio, per quel che rivela sulle strutture di assistenza. Da un ulteriore studio dell’Aigo realizzato in collaborazione col Ministero della Salute su quasi 5 milioni di cartelle cliniche emerge che solo il 7,4% dei pazienti viene curato negli ospedali italiani dallo specialista gastroenterologo, col risvolto che la mortalità intraospedaliera risulta raddoppiata rispetto alla media delle altre patologie.
Urge un salto di qualità nella consapevolezza e nei trattamenti sul tema che permetterebbe di curare meglio, e anche di guadagnare in efficienza. Se tutti i pazienti dell’apparato digerente fossero ricoverati in reparti specialistici si risparmierebbe, per loro e per le strutture che li ospitano, almeno 360mila giornate di degenza all’anno. La ragione è che la durata dei ricoveri è mediamente inferiore rispetto agli altri reparti. Serve meno tempo e più competenza, dunque.
Meno cure chirurgiche, più cure mediche specialistiche. Questo il senso dell’accorato appello degli addetti ai lavori. In altre parole, più spazio e “ letti alle gastroenterologie che sono spesso unità sottodimensionate”, l’appello del presidente dell’Aigo Antonio Balzano. Sarebbe salvifico per tanti e costerebbe meno a tutti.