Sono gli stessi pazienti a sostenerlo. Scrivere è ritenuto una forma di terapia per l’81% delle persone colpite da un tumore, secondo un’indagine presentata nei giorni scorsi al Ministero della Salute dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica. Il tema del sondaggio, fondato su un campione di 150 persone, era peraltro ben più ampio. E’ l’intero processo di comunicazione a essere chiamato in causa, per il suo riconosciuto potenziale in crescita esponenziale, ma anche per qualche suo perdurante limite.
Il dato di base rimane l’entità del dramma. Ogni giorno mille italiani si ammalano di cancro (dati del 2015) e, se l’83% si dice ottimista in ragione dei recenti miglioramenti terapeutici (la sopravvivenza a 5 anni è aumentata nel nostro paese dal 45% al 60% nel solo lasso tra il 1990 e il 2007), tuttavia il danno è avvertito come grave non solo per la salute, ma anche, sostengono due pazienti su tre, per la discriminazione sociale, dalle relazioni umane all’ambito lavorativo.
E qui emerge il ruolo cruciale della comunicazione. L’ambito primario è ancora quello del rapporto col medico. Il dialogo con l’oncologo è valutato positivamente dal 78% degli intervistati, e il 68% dice di averne tratto più consapevolezza su terapie e gestione dei disturbi, anche psicologici.
Tale ambito è ora amplificato dal web, che moltiplica gli spazi di informazione e confronto. Portali web, blog, forum, perfino pagine facebook. Ci sono punte d’eccellenza, come il sito di consulti Medicitalia.it o il portale dell’Ansa, inclusa appunto una nuova sezione di “medicina narrativa”. La scrittura è dunque “terapeutica” non solo perché aiuta a elaborare timori e pregiudizi, ma anche perché alimenta le possibilità di scambio di nozioni ed esperienze, sia con i professionisti che con gli altri pazienti.
Il nodo, rilevato anche dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, è che relativamente pochi, per il momento, si fidano della rete, anche se la fiducia tende a crescere tra le nuove generazioni. Problema ulteriore: i pazienti a volte hanno ragione a diffidare. Perfino l’autorevole rivista “Science” è stata ultimamente costretta a rettificare un articolo che attribuiva il tumore alla “sfortuna”, citando una ricerca che diceva ben altro. L’informazione web è responsabilità di tutti, se fatta male sulla salute il danno è imperdonabile.