In tempi di riedificazione di muri, c’è chi continua a lavorare per abbatterli. Dall’Europarlamento è arrivata nei giorni scorsi una sferzata alla Commissione Europea in materia di “Strategia per il Mercato Unico”, collocando “il consumatore al centro”, e invocando misure per, tra l’altro, “ rimuovere barriere obsolete al commercio interno, aiutare le piccole-medie imprese e le start-up, promuovere l’economia della condivisione”.
Belle parole, non prive di qualche elemento concreto. Da un paio di emendamenti alla suddetta risoluzione parlamentare, approvati dalla commissione per il Mercato Interno e la Protezione dei Consumatori, spunta la richiesta all’esecutivo comunitario di adottare quanto prima la cosiddetta “SPC waiver ”, ossia una deroga alla protezione brevettuale offerta dal certificato di protezione complementare (SPC), naturalmente a determinate condizioni e finalità. Questo consentirebbe tra l’altro alle industrie europee di generici e biosimilari di produrre per l’esportazione verso i Paesi nei quali il certificato sia già scaduto, oppure per lo stoccaggio in attesa della scadenza brevettuale.
Immediato il plauso del settore. La misura, precisa il presidente di Assogenerici Enrique Häusermann: “senza inficiare in alcun modo i diritti dei detentori dei certificati complementari di protezione, né richiedere sovvenzioni o sconti fiscali, potrebbe imprimere una netta accelerazione alla produzione industriale delle aziende europee del generico . La ricaduta avrebbe un impatto impressionante sull’occupazione e sui costi sanitari. “Dai 5600 ai 20400 nuovi posti di lavoro – stima Häusermann - tra le assunzioni dirette delle nostre aziende e l’indotto che si svilupperebbe”. Di più, l’incremento produttivo consentirebbe ai generici di entrare più rapidamente in commercio nei paesi europei alla scadenza del brevetto, con ulteriori risparmi per i servizi sanitari che la Commissione stessa ha stimato nel 20% della spesa attuale. “Una lunga lista di vantaggi a cui non si contrappone alcuna difficoltà o rischio”, conclude il leader dell’associazione.
La risoluzione è attesa al voto definitivo in plenaria alla fine di questo mese, ma si profila come una mera formalità. In sede di commissione i voti contrari sono stati solo tre, più un astenuto. Il documento porta la firma di una deputata italiana, la forzista Lara Comi, e gli emendamenti citati sono stati promossi trasversalmente (dai socialisti ai verdi, dai “pirati tedeschi” fino ai Cinquestelle).
E perfino la Commissione Europea sembra essere d’accordo. Se si consentisse di produrre “ prima della scadenza brevettuale con l'obiettivo di migliorare il time-to-market e di esportare in quei paesi in cui i brevetti sono già scaduti, il turnover manifatturiero potenziale arriverebbe ad oltre 175 milioni di euro ”, si legge in sua una Comunicazione dello scorso ottobre.
È allora solo tempo di agire, senza ritardi. “Anche con il supporto del Governo Italiano”, incalza Häusermann.