Interventi rapidi e poco invasivi. L'Italia rivendica progressi epocali e una posizione d'avanguardia nella chirurgia pediatrica. Dietro, c'è tanta ricerca medica e tecnologica, e altrettanta dedizione degli operatori sanitari. Un convegno in questi giorni all'Auditorium dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha fatto il punto della situazione nel nostro paese e sulle nuove opportunità di cura.
“Sono 55 i centri italiani che fanno chirurgia pediatrica”, riferisce Alessandro Inserra, direttore del dipartimento chirurgico dell'ospedale romano, che detiene il record di interventi, 28mila l'anno, ossia un terzo del totale in Italia. Seguono il Gaslini di Genova, la Chirurgia Pediatrica dell'Università di Padova, il Burlo Garofalo di Trieste e il Meyer di Firenze. Tutte strutture del centro-nord, si noti, confermando l'allarmante ritardo, nell'insieme, del Mezzogiorno.
Globalmente gli interventi effettuati annualmente in Italia sono circa 70mila. Tra i più frequenti, tonsillectomie, appendiciti, ritenzioni del testicolo e interventi agli occhi per strabismo, miopia. Tutti questi, fino a pochi anni fa, richiedevano il ricovero, mentre oggi si fanno in “day surgery”. L'incremento di quest'ultimi è stato dell'81% dal 2012 al 2014. “L'aggressività chiururgica e costosa appartiene al passato”, commenta Inserra, sottolineando come sia proprio “ in età pediatrica e adolescenziale che è necessario esprimere tutte le migliori capacità terapeutiche disponibili”, per la loro salute presente e futura.
Alla “rivoluzione” ha contribuito la messa a punto di strumenti ad altissima precisione, che hanno segnato ad esempio il passaggio dal taglio ampio “a cielo aperto”, al taglio minimo. In neurochirurgia si è passati dagli interventi a occhio nudo al “virtuale”, che permette di trattare tramite robot epilessie o tumori al cervello riducendo al minimo la ferita. Nell'oculistica, il laser ha addirittura preso il posto del bisturi.
Ma il cambio di rotta è dovuto anche ad altro, a mutamenti organizzativi, con approcci multidisciplinari capaci di assistere il paziente pediatrico minimizzando l'impatto delle cure dal punto di vista fisico, psicologico e sociale. Un passo avanti “filosofico” complessivo, a cui contribuisce inoltre l'ambito farmacologico. Mini-invasività significa anche questo, dosaggi e formulazioni specifiche per i bambini, inclusa un'anestesia “light”.